Pane, latte e generi di prima necessità sono più costosi al nord. Ma il paniere del cittadino
meridionale diventa maggiormente oneroso se si considerano assicurazioni, carburante e servizi
di Raffaele de Chiara
«Il costo della vita al sud è del 16,5% inferiore rispetto al nord. Chiedo che le buste paghe siano parametrate». L’agosto del 2009 era appena iniziato e a rilanciare la proposta dell’adeguamento degli stipendi dei dipendenti pubblici al reale costo della vita, le cosiddette "gabbie salariali", fu il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli. Il pretesto per quella dichiarazione era stata la pubblicazione, nel 2006, di una ricerca del "Sole 24 Ore" sul costo reale della vita nelle varie città italiane. Alla luce dell’indagine era emerso che i cittadini del sud risultavano notoriamente avvantaggiati rispetto a quelli del nord essendo, nelle città meridionali, il prezzo per i beni di prima necessità notevolmente meno caro. Una questione, quella della differenza dei prezzi tra le due Italie, mai del tutto chiarita. Secondo un’altra ricerca, condotta successivamente dall’Ipr-Ugl, le città più care anziché quelle del nord risultano essere quelle del sud. Motivo della discrasia: la diversità dei prodotti e dei servizi presi in considerazione. L’indagine del "Sole 24 Ore" annoverava nel "paniere" solo venti generi di prima necessità; l’Ipr-Ugl ne aggiunse altri cinque: assicurazione auto, acquisto di carburante, bollette domestiche, latte in polvere e pannolini, nonché i costi di un mutuo per la prima casa o dell’affitto. Spese su cui certe aree del profondo sud non sono seconde a nessuno. Ergo, se alla luce della prima ricerca, città come Caserta e Napoli figurano rispettivamente al 53° e al 57° posto, nell’altra indagine gli stessi comuni si posizionano all’ottavo e sesto posto. «Per quello che percepisco io, la vita qui è molto più cara di quella al sud». A dichiararlo, senza mezzi termini, è Luca Fusco, originario di un piccolo comune del casertano, ma residente da più di quindici anni a Fontevivo, una località nei pressi di Parma. Fusco aggiunge: «Se prendiamo in considerazione beni primari come pasta, pane, verdura o frutta, la differenza è ancora più marcata. Calcoli che il pane anche qui lo si mangia tutti i giorni, con la differenza, però, che quando scendo giù dai miei lo pago non oltre i due euro. A Parma, invece, fatico a trovarlo a meno di tre». Non va certamente meglio con i servizi di manutenzione. «Chiamare un falegname per revisionare una tapparella o le maniglie di una finestra è quasi un salasso». Senza contare che anche per un caffè al bar la differenza c’è e si fa sentire. «Qui non lo si paga a meno di 1 euro». Dove invece non si trova alcun tipo di differenza è nel settore del vestiario e nella rivendita di elettrodomestici. C’è, però, il vantaggio di avere la possibilità di usufruire di una pubblica amministrazione più celere ed efficiente. «I servizi – continua Fusco – funzionano e offrono cose che al sud sono impensabili. Mi riferisco a emeroteche, biblioteche, centri audio e video, che sono delle realtà non solo dei capoluoghi ma anche dei piccoli centri. Tutti beni gratuiti, per i quali un cittadino meridionale deve invece pagare». Idee chiare anche riguardo la possibilità dell’introduzione delle "gabbie salariali". «Egoisticamente – conclude l’abitante di Fontevivo – le risponderei di sì, sono d’accordo, ma poi a pensarci bene, il più alto costo dei prodotti qui è largamente compensato da una migliore offerta di servizi». Non del tutto dissimile la situazione anche se ci si sposta più a nord. Giuseppe Franzese, originario di un piccolo comune del vesuviano e attualmente residente a Brescia, afferma: «Certo, rispetto a Napoli qui i prezzi medi dei prodotti sono molto più alti, ma per ciò che riguarda i servizi non c’è paragone che tenga. Ho un bambino piccolo e avere un servizio Asl efficiente non è un aiuto da poco, ti evita una serie di spese che giù, dalle mie parti, sarebbe impossibile non sostenere»... continua
meridionale diventa maggiormente oneroso se si considerano assicurazioni, carburante e servizi
di Raffaele de Chiara
«Il costo della vita al sud è del 16,5% inferiore rispetto al nord. Chiedo che le buste paghe siano parametrate». L’agosto del 2009 era appena iniziato e a rilanciare la proposta dell’adeguamento degli stipendi dei dipendenti pubblici al reale costo della vita, le cosiddette "gabbie salariali", fu il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli. Il pretesto per quella dichiarazione era stata la pubblicazione, nel 2006, di una ricerca del "Sole 24 Ore" sul costo reale della vita nelle varie città italiane. Alla luce dell’indagine era emerso che i cittadini del sud risultavano notoriamente avvantaggiati rispetto a quelli del nord essendo, nelle città meridionali, il prezzo per i beni di prima necessità notevolmente meno caro. Una questione, quella della differenza dei prezzi tra le due Italie, mai del tutto chiarita. Secondo un’altra ricerca, condotta successivamente dall’Ipr-Ugl, le città più care anziché quelle del nord risultano essere quelle del sud. Motivo della discrasia: la diversità dei prodotti e dei servizi presi in considerazione. L’indagine del "Sole 24 Ore" annoverava nel "paniere" solo venti generi di prima necessità; l’Ipr-Ugl ne aggiunse altri cinque: assicurazione auto, acquisto di carburante, bollette domestiche, latte in polvere e pannolini, nonché i costi di un mutuo per la prima casa o dell’affitto. Spese su cui certe aree del profondo sud non sono seconde a nessuno. Ergo, se alla luce della prima ricerca, città come Caserta e Napoli figurano rispettivamente al 53° e al 57° posto, nell’altra indagine gli stessi comuni si posizionano all’ottavo e sesto posto. «Per quello che percepisco io, la vita qui è molto più cara di quella al sud». A dichiararlo, senza mezzi termini, è Luca Fusco, originario di un piccolo comune del casertano, ma residente da più di quindici anni a Fontevivo, una località nei pressi di Parma. Fusco aggiunge: «Se prendiamo in considerazione beni primari come pasta, pane, verdura o frutta, la differenza è ancora più marcata. Calcoli che il pane anche qui lo si mangia tutti i giorni, con la differenza, però, che quando scendo giù dai miei lo pago non oltre i due euro. A Parma, invece, fatico a trovarlo a meno di tre». Non va certamente meglio con i servizi di manutenzione. «Chiamare un falegname per revisionare una tapparella o le maniglie di una finestra è quasi un salasso». Senza contare che anche per un caffè al bar la differenza c’è e si fa sentire. «Qui non lo si paga a meno di 1 euro». Dove invece non si trova alcun tipo di differenza è nel settore del vestiario e nella rivendita di elettrodomestici. C’è, però, il vantaggio di avere la possibilità di usufruire di una pubblica amministrazione più celere ed efficiente. «I servizi – continua Fusco – funzionano e offrono cose che al sud sono impensabili. Mi riferisco a emeroteche, biblioteche, centri audio e video, che sono delle realtà non solo dei capoluoghi ma anche dei piccoli centri. Tutti beni gratuiti, per i quali un cittadino meridionale deve invece pagare». Idee chiare anche riguardo la possibilità dell’introduzione delle "gabbie salariali". «Egoisticamente – conclude l’abitante di Fontevivo – le risponderei di sì, sono d’accordo, ma poi a pensarci bene, il più alto costo dei prodotti qui è largamente compensato da una migliore offerta di servizi». Non del tutto dissimile la situazione anche se ci si sposta più a nord. Giuseppe Franzese, originario di un piccolo comune del vesuviano e attualmente residente a Brescia, afferma: «Certo, rispetto a Napoli qui i prezzi medi dei prodotti sono molto più alti, ma per ciò che riguarda i servizi non c’è paragone che tenga. Ho un bambino piccolo e avere un servizio Asl efficiente non è un aiuto da poco, ti evita una serie di spese che giù, dalle mie parti, sarebbe impossibile non sostenere»... continua
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