venerdì 9 aprile 2010

È FINITA L’ERA DI ANTONIO BASSOLINO

Il centrodestra di Stefano Caldoro vince a man bassa. Ora dovrà gestire il rapporto con De Mita (al 10%) e affrontare gli enormi problemi della regione


di Alessandro Pecoraro


54,25% a 43,04%. Un risultato senza precedenti per il centrodestra campano, soprattutto se confrontato con i risultati ottenuti nel 2005, quando l’allora presidente Antonio Bassolino fu riconfermato con il 61,5% dei voti, contro il 34,3% di Italo Bocchino. In una campagna elettorale anomala, caratterizzata dalla presenza di due candidati "esterni" agli apparati dei due maggiori partiti, Stefano Caldoro è riuscito non solo a battere il "Sistema Bassolino", ma anche ad affrontare una serie di ostacoli che si erano presentati uno dopo l’altro: basti pensare alla candidatura di Roberto Conte, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa; all’aumento della tensione tra Nicola Cosentino e Italo Bocchino e, soprattutto, allo scoppio di una nuova emergenza rifiuti che, a pochi giorni dal voto, aveva fatto pensare ad un recupero di Vincenzo De Luca. Diverso il discorso per la coalizione di centrosinistra, vittima di un crollo verticale che è andato ben oltre le previsioni elettorali. Dopo diciassette anni di governo, la debacle era nell’aria, ma i vertici locali del Partito democratico speravano almeno nel voto disgiunto a favore di De Luca. Il candidato del centrosinistra, in effetti, ha ottenuto ben quattro punti e mezzo percentuali in più rispetto alla coalizione in suo sostegno, un segnale che, alla luce dei risultati, oltre ad indicare la forza di De Luca, ha evidenziato la debolezza della coalizione in suo sostegno. Basti pensare che in provincia di Salerno, il candidato del centrosinistra ha ottenuto addirittura il 10% in più dei propri consiglieri in pectore. Il sindaco di Salerno ha pagato il fallimento del Partito democratico, giunto al 21,42% (sotto il 16% in provincia di Caserta), ma soprattutto l’immobilismo del centrosinistra che non ha saputo approfittare del caso Cosentino. Il Pd, tra dichiarazioni, smentite, accordi, litigi, compromessi ed interventi di dirigenti nazionali si è trovato in una situazione di caos che nell’elettorato ha prodotto solo disorientamento e sconforto. Enzo Amendola, da tutti indicato come l’uomo del risorgimento del centrosinistra campano, non è riuscito a dare un senso a questo partito che, solo a febbraio, è arrivato alla scelta (poco) condivisa di candidare De Luca. Una sconfitta da considerare salutare per un partito che, dopo il fallimento del governo Bassolino e l’evidente incapacità dei dirigenti locali, difficilmente potrà ottenere un risultato peggiore di quello del 29 marzo. Fallimento totale anche per la Federazione della Sinistra, l’ex ministro Paolo Ferrero ha ottenuto a stento l’1,3% dei voti, come Roberto Fico appoggiato dal "Movimento 5 stelle – Beppe Grillo". La Federazione della Sinistra paga sia la decisione di correre in solitaria, sia la difficoltà di non saper esprimere una nuova classe dirigente locale, a tal punto da presentare il piemontese Ferrero: una candidatura di bandiera, in un tempo in cui le bandiere non commuovono più nessuno. I vertici dei comunisti, visti anche i risultati nazionali, avranno molto da riflettere.
Gli unici a gioire sono i partiti della coalizione di centrodestra: il Pdl ha superato la soglia psicologica del 30%, mentre l’intera coalizione è giunta al 58,60% dei voti, ottenendo il 4,5% in più di Stefano Caldoro, un risultato che sicuramente peserà per i prossimi cinque anni di governo. Caldoro, oltre alle pressioni interne al Pdl, dovrà tener conto anche dell’exploit dell’Unione di Centro di Pierferdinando Casini... continua

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.