venerdì 27 agosto 2010

«LA LOTTA PER IL LAVORO È LA NUOVA»

Antonio Ghirelli, leggendaria firma del giornalismo italiano, racconta i suoi anni con Pertini e i valori che li ispirarono. A partire dall’impegno per il Paese


di Mario Tudisco


«Al porto di Genova quel giorno, siamo verso la fine degli anni Settanta, la tensione era alle stelle per l’assemblea dei Camalli, che venivano considerati tutti vicini alle Brigate Rosse. Io ero giunto nel grande magazzino un po’ prima di Sandro Pertini. Fino all’ultimo il prefetto ci sconsigliò di intervenire, ma Sandro fu irremovibile. Entrò nel salone, prese un megafono e disse: “Non vi parla il Presidente della Repubblica ma il compagno Pertini. Io ho conosciuto solo le Brigate Rosse della Resistenza che ho guidato contro i fascisti e contro i nazisti, ma questi qui che hanno in comune con dei democratici come voi?”. Pochi secondi dopo l’intera assemblea iniziò a battergli le mani e non la finivano più».
L’io narrante di questo aneddoto si chiama Antonio Ghirelli, ottantotto anni portati alla grande e memoria storica italiana dagli anni Trenta in poi. E con lui è impossibile non parlare del Presidente della Repubblica più amato da sempre dagli italiani e dalle italiane: Sandro Pertini, di cui fu capo ufficio stampa nei sette anni che il mitico esponente socialista soggiornò al Quirinale. «Ancora oggi lo ripeto ai giovani che non erano ancora nati quando Sandro era Presidente. Era un uomo di grandissimo carisma, che definirei spirituale. Quando gli studenti delle scuole salivano al Colle, cacciava fuori i professori e gli accompagnatori e si faceva dare del tu dai ragazzi. Per me è stato anche più popolare di Diego Maradona, pur non avendo l’età giusta per giocare a calcio».
Professore, immagino che sette anni di lavoro fianco a fianco con Pertini restino indelebili nella sua mente. Del Presidente si è detto e scritto di tutto, prima e dopo il suo decesso. Lei che lo ha conosciuto bene come può raccontarlo alle nuove generazioni?
Era un personaggio eccezionale già molti anni prima che succedesse a Giovanni Leone. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo molto presto. Per spiegare ai giovani di oggi di quale tempra fosse fatto Pertini sono costretto a raccontarle degli aneddoti. Il primo: poco dopo la Liberazione di Roma, Sandro si incontra con Pietro Nenni il quale gli dice: «Ora che è tutto finito tieniti pronto che sarai nominato ministro degli Esteri del governo che si insedierà prossimamente». Al che Pertini non fa una piega e gli risponde: «Mi piacerebbe molto accettare ma non posso. Tra poco devo incontrare un capitano della Raf che mi farà paracadutare in Alta Italia dove devo guidare le truppe della Resistenza nella battaglia finale». Capito che razza d’uomo era?
E il secondo aneddoto?
Sandro Pertini, nonostante avesse due lauree, per sfuggire ai fascisti si era rifugiato a Nizza dove sopravviveva facendo il manovale. Siccome apparteneva a una famiglia molto benestante aveva ricevuto in dono venti milioni di lire che, all’epoca, rappresentavano una cifra esorbitante. Naturalmente, Sandro non pensò minimamente di mettere in banca questo patrimonio ma lo devolse per la costruzione di una stazione ricetrasmittente in modo tale che anche i compagni socialisti potessero far sentire la loro voce in quei mesi terribili. Lui, infatti, era geloso delle capacità che avevano i comunisti di propagandare le loro idee e, stanziando quei venti milioni di lire, pensava di pareggiare il conto. Peccato, però, che fu subito convocato dalla gendarmeria francese che gli impose di chiudere immediatamente la mini stazione radiofonica. I francesi comunque furono gentili con Pertini, tanto che il funzionario gli disse: «Lei ha commesso un reato per cui dovrebbe essere arrestato. Per molto meno ai polsi di chiunque sarebbero scattate la manette, ma per la Francia sarebbe un disonore arrestare Sandro Pertini. Per favore esca da qui immediatamente!».
Al di là delle invidie propagandistiche, sembra che Pertini avesse buoni rapporti con i comunisti…
Sì, soprattutto con Enrico Berlinguer. Anzi, ad essere sincero tanto poco sopportava Bettino Craxi quanto adorava il numero uno di Botteghe Oscure, che era caratterialmente il suo opposto. Così come era sanguigno e impulsivo Pertini, tanto era riflessivo e schivo Enrico. Si ricorda le polemiche dopo che era andato a prendere la salma di Berlinguer con l’aereo presidenziale?
I socialisti non gradirono affatto quel grande gesto umanitario…
Sì, e incautamente Claudio Martelli ebbe l’ardire di criticare pubblicamente Pertini dopo che il gesto a cui si riferisce costò a noi socialisti la bellezza di trecentomila voti. Sandro andò su tutte le furie e rispose al vice di Bettino dalle colonne dei giornali: «Caro Claudio – disse – fa una cosa, suicidati sulla tomba di Giulietta a Verona che poi vengo con l’aereo presidenziale a recuperare il tuo cadavere e vedremo quanti voti recupereremo»...continua

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