venerdì 30 aprile 2010
AFFONDA LA NAVE DEI CONSULENTI
rimarranno all’asciutto. 30 milioni di euro il costo degli incarichi esterni: ci sono quelli che
classificano vocaboli tedeschi e quelli che organizzano banchetti per lo sviluppo rurale
di Raffaele de Chiara
Uno solo, poi due, infine tre. È il numero dei mezzi di trasporto pubblico da utilizzare per mandare a casa i consulenti inutili della Regione Campania. Durante la recente campagna elettorale per le elezioni regionali sembrava un dato talmente volubile da essere aggiornato di giorno in giorno. Ammantato da un sano e vigoroso repulisti, il candidato del Pd, Vincenzo De Luca tuonava: «Avevo detto che avrei mandato due pullman per caricare tutti i consulenti, è cambiato solo il numero: ne manderò tre e caricheremo anche i nuovi».
Il numero esatto degli autobus necessari rimarrà, però, un piccolo mistero. A Palazzo Santa Lucia è stato eletto il suo sfidante, il pidiellino Stefano Caldoro, di certo non meno tenero, ma che a un linguaggio concreto e colorito ha preferito un eloquio meno tranchant. «I consulenti inutili e assunti solo per ragioni di partito andranno via tutti». Ma a quanto ammonta il numero delle persone, dalle più svariate competenze, volute dalla giunta uscente guidata da Antonio Bassolino e pagati con i soldi dei cittadini campani? Secondo i dati del 2008, diffusi dal ministero della Funzione Pubblica, nel mese di febbraio, sono 700 con un costo pari a circa 30 milioni di euro. A dir poco esorbitante poi la forbice delle parcelle elargite ai consulenti. Si va dai 270 mila euro della consulenza meglio remunerata ai 93 di quella pagata meno. Non mancano le curiosità: ben 15 mila gli euro spesi per «l’individuazione di metodiche per test di algoritmi di controllo integrato con sistemi informativi» e 4 mila quelli impiegati per la schedatura di vocaboli tedeschi. Numeri che, sebbene non lascino indifferenti, risultano ben poca cosa in confronto all’idea partorita dalla Se.S.I.R.C.A. (Settore sperimentazione, informazione, ricerca e consulenza in agricoltura, facente capo al relativo assessorato, all’epoca guidato da Gianfranco Nappi, ndr) che nei primi mesi dell’anno indice una procedura per «l’affidamento triennale della realizzazione di eventi quali: convegni, conferenze stampa e seminari, comprensivo di tutte le relative prestazioni», per la modica cifra di 240 mila euro. Somma che, lungi dall’essere all inclusive, comprende semplicemente una mera attività di consulenza; per meglio dire, compito della società o del gruppo di professionisti aggiudicatari dell’appalto è semplicemente quello di stilare dei preventivi economici per i vari banchetti organizzati dalla Regione, a margine degli incontri per le presentazioni del nuovo Psr (Programma di sviluppo rurale 2007-2013, ndr). Consulenze d’oro per banchetti, ma non solo. È proprio delle settimane scorse la richiesta di rinvio a giudizio da parte del giudice per l’udienza preliminare di Napoli, Vincenzo Alabiso, ai danni dell’ex governatore Antonio Bassolino...continua
«IN CAMPANIA L’ERRORE DEL COMPROMESSO»
ricominciare a occuparsi del lavoro. E sogna le nuove "case del popolo"
di Francesco Falco
Riconfermato presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola ha rappresentato, nelle recenti elezioni regionali, l’unico argine a sinistra in grado di arrestare l’avanzata del centrodestra. C’è chi ora evoca, per lui, possibili responsabilità a livello nazionale nel campo del centrosinistra e chi lo lancia già apertamente per le primarie del 2013 come candidato premier. Di sicuro in molti sperano in lui perché la sinistra italiana possa ritornare a fare il proprio mestiere: essere al fianco delle fasce sociali meno garantite.
Presidente, la sinistra vince in Puglia, ma altrove sembra liquefarsi, vincendo con alleanze molto larghe oppure capitolando di fronte alla destra e al leghismo. Che sta succedendo?
Succede che il centrosinistra non riesce a presentarsi sotto la forma di un cantiere di alternativa: politica, sociale e culturale. Non è in grado di insinuarsi nelle contraddizioni e nelle crepe dell’egemonia culturale berlusconiana e, complessivamente, appare come un ceto politico orfano di una forte strategia di cambiamento. Le ultime elezioni hanno segnato un ulteriore spostamento a destra dell’asse politico del Paese. L’anomalia pugliese è leggibile solo a condizione di intendere che, in questo pezzo di Mezzogiorno d’Italia, è stato sperimentato un vero laboratorio di innovazioni che hanno reso credibile la nostra azione governo e la nostra proposta politica.
Conciliare la capacità di governo con l’attenzione verso i cittadini, quando chi governa – destra o sinistra – sembra spesso dimenticare i cittadini medesimi. Come si fa?
Si fa non puntando sulla delega in bianco, su un rapporto fideistico tra governati e governanti, ma introducendo una riforma della macchina amministrativa e della pubblica amministrazione che consenta ai cittadini di esercitare un quotidiano potere di controllo, che renda la trasparenza non una virtù eccezionale, ma un codice di comportamento fisiologico nel controllo dei pubblici poteri. Si fa soprattutto facendo vivere la proposta politica in un rapporto di osmosi forte con le istanze dell’associazionismo, del volontariato e di tutte quelle esperienze di autentica cittadinanza attiva.
In Campania il centrosinistra ha perso, ed era prevedibile. Come giudica i quindici anni di governo Bassolino?
Antonio Bassolino ha rappresentato una rottura importante nella storia delle classi dirigenti meridionali.
La sua sindacatura ha coinciso con il ritorno di quella grande città che è Napoli a capitale del Mediterraneo. Anche con la sua prima esperienza in Regione ha guadagnato molti punti, sul terreno dell’innovazione e delle politiche sociali. La seconda esperienza è stata invece segnata dal compromesso con i vecchi potentati democristiani – Ciriaco De Mita e Clemente Mastella – ma, se posso essere sincero, questa non è una esclusiva responsabilità di Bassolino, quanto di tutto il gruppo dirigente degli allora Ds, che imposero quel compromesso. Quello stesso pezzo di potere che ha gestito i punti più delicati della regione, e che si è trasferito armi e bagagli nel centrodestra e ora governa con Stefano Caldoro...continua
NAPOLI, LA CITTÀ INGUARIBILE
di Raffaele de Chiara
«La Napoli delle persone perbene c’è ancora e pensa alla camorra con sdegno e vergogna. Ma sono, volenti o nolenti, compagni di strada della Napoli senza leggi». È il gennaio del 2006 quando Napoli, appena uscita dalle faide di camorra tra gli scissionisti e i Di Lauro, scopre in libreria Napoli siamo noi, la visione della città dura e dissacrante di un grande vecchio del giornalismo italiano: Giorgio Bocca.
Da allora sono trascorsi quattro anni, ma un interrogativo continua ancora a scuotere le coscienze: Napoli è cambiata da allora?
Raggiunto al telefono nella sua casa milanese, Giorgio Bocca, dall’alto della sua carriera ultrasessantennale che lo ha portato a collaborare con le maggiori testate del Paese, da "la Repubblica" a "l’Espresso" passando per "l’europeo" e "il Giorno", sebbene si mostri cortese e disponibile al dialogo, non manca di lanciare i suoi proverbiali strali contro il malcostume della città: «Napoli è una megalopoli inguaribile. Non c’è alcuna possibilità di curare una città così». Qualche istante di pausa e riprende: «Vede, l’Italia intera oramai è tutta come Napoli: il denaro come unico valore sta segnando la fine della morale non solo dalle vostre parti, ma in tutto il paese». In una città amorale e priva di valori, il ricorso all’apporto che gli uomini di cultura potrebbero dare per favorire il risanamento sembrerebbe immediato, ma non per lui: «Quelli che lei chiama uomini di cultura fanno di tutto per rendere la città peggiore. Di intellettuali che si impegnano civilmente – sottolinea – ne conosco davvero pochi». Le sue opinioni tranchant non mutano neppure quando facciamo riferimento ai giovani di queste terre: «Per loro non c’è nessuna prospettiva, non a caso vanno via tutti. Anch’io, se fossi giovane e vivessi lì, scapperei; si va dove c’è lavoro e dove ci sono possibilità di vita migliore». Del tutto inutile anche il far notare come sarebbe più opportuno, specie da parte delle giovani generazioni, rimanere qui e impegnarsi perché qualcosa migliori: l’ancestrale pragmatismo piemontese di Bocca ha la meglio su tutto: «Opportuno sì, ma è un sacrificio – una pausa e riprende con maggior vigore – per queste cose qui però è inutile fare i moralisti; i giovani – afferma – hanno diritto di trovare le strade migliori per la loro vita». Una durezza di pensiero che non si scalfisce neanche quando gli opponiamo le feroci critiche dei suoi detrattori, che sovente vedono in lui il portatore di un pessimismo asfittico e privo di intenti propositivi. «Cosa vuole che proponga, non è mica semplice! Io sono pessimista nel senso che voglio vedere le cose come stanno». Dialogare con un pezzo di storia del giornalismo italiano non è mai un’impresa semplice, specie quando dall’altra parte ti ritrovi chi a un vissuto da partigiano ha affiancato l’esperienza del mestiere; a farla da padrone sono un pensiero granitico e un’estrema capacità di sintesi che nulla o quasi concede ai sentimenti...continua
venerdì 9 aprile 2010
«IO POPULISTA? UN PAIO DI BALLE!»
elettorale, dopo aver sommerso la Campania con rifiuti e cemento
di Mario Tudisco
«I camorristi sono dei veri imprenditori che offrono servizi e, a differenza degli industriali in giacca e cravatta, sono persone serissime. Una volta ebbi modo di parlare con uno di loro che chiedeva duemila e cinquecento euro tra pizzo e protezione a un commerciante. Ebbene, diceva che di meno non poteva chiedere. Con tutti i servizi che offriva al cliente non sarebbe rientrato nelle spese».
Beppe Grillo è un provocatore nato, un dissacratore di luoghi comuni e di stereotipi. Riesce, nello stesso momento, a generare apprezzamento e sconcerto in chi lo ascolta. L’occasione propizia per fare due chiacchiere è un caffè da sorseggiare al banco di un noto bar casertano. Lo show – stavolta sotto forma di intervista – può iniziare…
Senta Grillo, ma paragonare i camorristi agli imprenditori è uno scherzo? Una provocazione? Un modo per disorientare chi la sta intervistando?
Guardi, non sono mai stato più serio. E le dico di più: socialmente è molto più pericoloso l’imprenditore vestito di tutto punto, che il Casalese di turno, il quale rischia di essere ammazzato o di andare diritto in galera. È inutile che ci giriamo attorno. Oggi la vera grande delinquenza è quella dell’economia, che ha distrutto la nostra nazione. È quella dei camion contenenti rifiuti radioattivi che vengono fermati da queste parti, ma che il carico lo hanno imbarcato, che ne so, a Piacenza o a Monza. Peggio di costoro c’è solo il Parlamento italiano. Facemmo una battaglia per espellere gli inquisiti e i condannati da Camera e Senato. Tutti ci dissero: bene, bravi! Morale della favola: ora ce ne sono due in più rispetto a ieri.
Tornando alla camorra…
Credo che, rispetto alla delinquenza dell’attuale pseudo-politica, abbia due attenuanti. La prima è che si tratta di un fenomeno che ha tanti secoli di storia alle spalle ed è strettamente collegato allo Stato, che nel Meridione, oltre alle clientele, non ha mai prodotto nulla. La seconda è che i Casalesi, così come la ’Ndrangheta e Cosa nostra, sono delle aziende capaci anche di trasformarsi nel corso degli anni: prima c’era il contrabbando, oggi lo spaccio e la distribuzione della cocaina. E poi i camorristi sono persone intelligenti, tanto da fare investimenti mirati in Spagna, in Inghilterra, nei Paesi dell’Est.
Forse è meglio ritornare alla politica…
Alt! Ma lei ha visto i manifesti murali di questi candidati improbabili che hanno partecipato alle ultime elezioni, su cui è scritto che si impegneranno a risolvere i problemi della comunità? Per me sono dei bugiardi che non potranno mantenere nemmeno un millesimo delle loro promesse. Sa perché?
Me lo dica lei.
Perché sono loro i veri problemi. Questa "gentaglia" che vive blindata dalla gente comune, che non ha mai accompagnato i figli a scuola, che non è mai andata a fare la spesa e che vengono scorazzati, ventiquattro ore su ventiquattro, sulle famose auto blu. Lo sa che in Italia di auto blu se ne contano seicentoventimila? Sa che in Francia o in Spagna non arrivano a trentamila? E questi politici pretenderebbero pure di essere credibili? Hanno distrutto la Campania che è una delle più belle regioni del Mediterraneo; hanno iniziato ad avvelenare la gente con gli inceneritori quando bisognava fare una raccolta differenziata seria; hanno azzerato le città che sono diventate luoghi invivibili senza piste ciclabili e senza asili nido; hanno creato un debito pubblico che rappresenta il 30% di quello complessivo europeo e lo hanno fatto solo ed esclusivamente in nome del dio denaro. Allora, ho ragione io quando affermo che è meglio un camorrista che un politico, o no?
Lo sa che l’accusano di essere demagogo, populista e qualunquista, vero?
Io populista e qualunquista? Un paio di balle! Ma come, si scandalizzano di quello che riesco a dire io nell’ambito di una informazione di regime e non si scandalizzano della politica di Montecitorio con nani, ballerine e un po’ di zoccole? A proposito di zoccole, una volta dissi che nel Parlamento italiano c’erano questi strani roditori e mi beccai venti denunce: diciannove da parte di donne e una da un uomo... continua
È FINITA L’ERA DI ANTONIO BASSOLINO
di Alessandro Pecoraro
54,25% a 43,04%. Un risultato senza precedenti per il centrodestra campano, soprattutto se confrontato con i risultati ottenuti nel 2005, quando l’allora presidente Antonio Bassolino fu riconfermato con il 61,5% dei voti, contro il 34,3% di Italo Bocchino. In una campagna elettorale anomala, caratterizzata dalla presenza di due candidati "esterni" agli apparati dei due maggiori partiti, Stefano Caldoro è riuscito non solo a battere il "Sistema Bassolino", ma anche ad affrontare una serie di ostacoli che si erano presentati uno dopo l’altro: basti pensare alla candidatura di Roberto Conte, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa; all’aumento della tensione tra Nicola Cosentino e Italo Bocchino e, soprattutto, allo scoppio di una nuova emergenza rifiuti che, a pochi giorni dal voto, aveva fatto pensare ad un recupero di Vincenzo De Luca. Diverso il discorso per la coalizione di centrosinistra, vittima di un crollo verticale che è andato ben oltre le previsioni elettorali. Dopo diciassette anni di governo, la debacle era nell’aria, ma i vertici locali del Partito democratico speravano almeno nel voto disgiunto a favore di De Luca. Il candidato del centrosinistra, in effetti, ha ottenuto ben quattro punti e mezzo percentuali in più rispetto alla coalizione in suo sostegno, un segnale che, alla luce dei risultati, oltre ad indicare la forza di De Luca, ha evidenziato la debolezza della coalizione in suo sostegno. Basti pensare che in provincia di Salerno, il candidato del centrosinistra ha ottenuto addirittura il 10% in più dei propri consiglieri in pectore. Il sindaco di Salerno ha pagato il fallimento del Partito democratico, giunto al 21,42% (sotto il 16% in provincia di Caserta), ma soprattutto l’immobilismo del centrosinistra che non ha saputo approfittare del caso Cosentino. Il Pd, tra dichiarazioni, smentite, accordi, litigi, compromessi ed interventi di dirigenti nazionali si è trovato in una situazione di caos che nell’elettorato ha prodotto solo disorientamento e sconforto. Enzo Amendola, da tutti indicato come l’uomo del risorgimento del centrosinistra campano, non è riuscito a dare un senso a questo partito che, solo a febbraio, è arrivato alla scelta (poco) condivisa di candidare De Luca. Una sconfitta da considerare salutare per un partito che, dopo il fallimento del governo Bassolino e l’evidente incapacità dei dirigenti locali, difficilmente potrà ottenere un risultato peggiore di quello del 29 marzo. Fallimento totale anche per la Federazione della Sinistra, l’ex ministro Paolo Ferrero ha ottenuto a stento l’1,3% dei voti, come Roberto Fico appoggiato dal "Movimento 5 stelle – Beppe Grillo". La Federazione della Sinistra paga sia la decisione di correre in solitaria, sia la difficoltà di non saper esprimere una nuova classe dirigente locale, a tal punto da presentare il piemontese Ferrero: una candidatura di bandiera, in un tempo in cui le bandiere non commuovono più nessuno. I vertici dei comunisti, visti anche i risultati nazionali, avranno molto da riflettere.
Gli unici a gioire sono i partiti della coalizione di centrodestra: il Pdl ha superato la soglia psicologica del 30%, mentre l’intera coalizione è giunta al 58,60% dei voti, ottenendo il 4,5% in più di Stefano Caldoro, un risultato che sicuramente peserà per i prossimi cinque anni di governo. Caldoro, oltre alle pressioni interne al Pdl, dovrà tener conto anche dell’exploit dell’Unione di Centro di Pierferdinando Casini... continua
ITALIA, CARA TERRA MIA…
meridionale diventa maggiormente oneroso se si considerano assicurazioni, carburante e servizi
di Raffaele de Chiara
«Il costo della vita al sud è del 16,5% inferiore rispetto al nord. Chiedo che le buste paghe siano parametrate». L’agosto del 2009 era appena iniziato e a rilanciare la proposta dell’adeguamento degli stipendi dei dipendenti pubblici al reale costo della vita, le cosiddette "gabbie salariali", fu il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli. Il pretesto per quella dichiarazione era stata la pubblicazione, nel 2006, di una ricerca del "Sole 24 Ore" sul costo reale della vita nelle varie città italiane. Alla luce dell’indagine era emerso che i cittadini del sud risultavano notoriamente avvantaggiati rispetto a quelli del nord essendo, nelle città meridionali, il prezzo per i beni di prima necessità notevolmente meno caro. Una questione, quella della differenza dei prezzi tra le due Italie, mai del tutto chiarita. Secondo un’altra ricerca, condotta successivamente dall’Ipr-Ugl, le città più care anziché quelle del nord risultano essere quelle del sud. Motivo della discrasia: la diversità dei prodotti e dei servizi presi in considerazione. L’indagine del "Sole 24 Ore" annoverava nel "paniere" solo venti generi di prima necessità; l’Ipr-Ugl ne aggiunse altri cinque: assicurazione auto, acquisto di carburante, bollette domestiche, latte in polvere e pannolini, nonché i costi di un mutuo per la prima casa o dell’affitto. Spese su cui certe aree del profondo sud non sono seconde a nessuno. Ergo, se alla luce della prima ricerca, città come Caserta e Napoli figurano rispettivamente al 53° e al 57° posto, nell’altra indagine gli stessi comuni si posizionano all’ottavo e sesto posto. «Per quello che percepisco io, la vita qui è molto più cara di quella al sud». A dichiararlo, senza mezzi termini, è Luca Fusco, originario di un piccolo comune del casertano, ma residente da più di quindici anni a Fontevivo, una località nei pressi di Parma. Fusco aggiunge: «Se prendiamo in considerazione beni primari come pasta, pane, verdura o frutta, la differenza è ancora più marcata. Calcoli che il pane anche qui lo si mangia tutti i giorni, con la differenza, però, che quando scendo giù dai miei lo pago non oltre i due euro. A Parma, invece, fatico a trovarlo a meno di tre». Non va certamente meglio con i servizi di manutenzione. «Chiamare un falegname per revisionare una tapparella o le maniglie di una finestra è quasi un salasso». Senza contare che anche per un caffè al bar la differenza c’è e si fa sentire. «Qui non lo si paga a meno di 1 euro». Dove invece non si trova alcun tipo di differenza è nel settore del vestiario e nella rivendita di elettrodomestici. C’è, però, il vantaggio di avere la possibilità di usufruire di una pubblica amministrazione più celere ed efficiente. «I servizi – continua Fusco – funzionano e offrono cose che al sud sono impensabili. Mi riferisco a emeroteche, biblioteche, centri audio e video, che sono delle realtà non solo dei capoluoghi ma anche dei piccoli centri. Tutti beni gratuiti, per i quali un cittadino meridionale deve invece pagare». Idee chiare anche riguardo la possibilità dell’introduzione delle "gabbie salariali". «Egoisticamente – conclude l’abitante di Fontevivo – le risponderei di sì, sono d’accordo, ma poi a pensarci bene, il più alto costo dei prodotti qui è largamente compensato da una migliore offerta di servizi». Non del tutto dissimile la situazione anche se ci si sposta più a nord. Giuseppe Franzese, originario di un piccolo comune del vesuviano e attualmente residente a Brescia, afferma: «Certo, rispetto a Napoli qui i prezzi medi dei prodotti sono molto più alti, ma per ciò che riguarda i servizi non c’è paragone che tenga. Ho un bambino piccolo e avere un servizio Asl efficiente non è un aiuto da poco, ti evita una serie di spese che giù, dalle mie parti, sarebbe impossibile non sostenere»... continua