giovedì 2 luglio 2009

UNA STAGIONE ALL’INFERNO

La crisi globale che morde più forte in Terra di Lavoro. 400 mila ore di cassa integrazione e imprese che rifiutano persino gli ammortizzatori sociali. La provincia di Caserta, in ginocchio, non ha forse più nulla da offrire?


di Raffaele de Chiara


Figure sbilenche ed impacciate che procedono come automi verso un futuro che non c’è, come loro unica difesa contro la fame voyeuristica del mondo, le mani ingombre di scatoloni di cartone. Era il quindici settembre del 2008 e quella fu l’immagine simbolo del "Chapter 11", la procedura di "fallimento pilotato" prevista dalla legge americana invocata dalla Lehman Brothers, società statunitense attiva nei servizi finanziari a livello globale. Uomini e donne, inarrivabili manager di successo sino a ventiquattro ore prima, si ritrovarono licenziati da un giorno all’altro, accomunati dalla medesima nemesi: vittime di uno tsunami economico e finanziario destinato di lì a breve ad invadere l’intera società globalizzata.
Sono trascorsi dieci mesi da allora e quella tempesta, che a taluni sembrò lontanissima e ben circoscritta agli eccessi dell’economia americana, continua ancora a ripercuotersi sulle economie locali. «I danni prodotti dalla crisi sono enormi: quest’anno l’attività economica mondiale diminuirà dell’1,3%, la contrazione più forte dalla Seconda Guerra Mondiale». A lanciare il grido d’allarme, durante la tradizionale assemblea di Confindustria, è stata la presidente Emma Marcegaglia, la quale poi ha tenuto anche a sottolineare come: «In alcuni grandi Paesi industrializzati il calo del Pil potrebbe, addirittura, raggiungere il 6%».
Dati senz’altro allarmanti, specie se raffrontati con quelli che ci riguardano maggiormente da vicino. Secondo un’indagine di Confindustria Caserta, elaborata sulla scorta di un campione rappresentativo di 200 aziende, la capacità produttiva delle imprese locali starebbe subendo una diminuzione dal 15 al 37%. Emblematico del forte momento di crisi subito dalle aziende della provincia di Terra di Lavoro è senz’altro il caso della "Morteo Containers" di Sessa Aurunca, che ha deciso addirittura di rinunciare agli ammortizzatori sociali in quanto, secondo i vertici dell’azienda, sarebbe impossibile garantire la prosecuzione dell’attività, «pena l’incorrere in più gravi e traumatiche conseguenze sotto il profilo finanziario». Ecco quindi la procedura di mobilità per 88 operai su di un totale di 98. Dura ovviamente la reazione dal mondo dei sindacati e della politica. «Malgrado le iniziative messe in atto dalle istituzioni, prima dal ministero dello Sviluppo poi dalla stessa Confindustria – ha affermato Angelo Spena, della Fiom – ci troviamo per la prima volta dinanzi al caso di un imprenditore che licenzia anche in presenza di una certa copertura finanziaria offerta dalla cassa integrazione». Ugualmente aspro il commento del primo cittadino di Sessa Aurunca, Luciano Di Meo. «Sono amareggiato per quanto è successo, sono soprattutto deluso per aver trovato un interlocutore che non ha corrisposto alla fiducia che il territorio gli aveva dato».
Come se non bastasse, ecco arrivare la rescissione del contratto di appalto tra la Sun (Seconda Università di Napoli) e la "Immobilgi Federici Stirling", che recherà con sé un taglio di circa 200 posti di lavoro. Discorso simile anche per le imprese della "Mirabella Spa" e della "Editellana", le quali hanno già attivato ammortizzatori sociali per un totale di 400 edili. Non va certamente meglio nel settore industriale, con oltre 270 mila ore di cassa integrazione già predisposte. Ma per rendere meglio l’idea dell’entità della crisi sarà bene procedere a un raffronto: al 31 dicembre del 2007 in tutta Terra di Lavoro si contavano oltre 300 mila ore di Cigo (Cassa integrazione guadagni ordinaria), di cui 90 mila nell’industria e circa 240 mila nell’edilizia. Attualmente il totale ammonta a circa 400 mila ore... continua

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