giovedì 2 luglio 2009

QUELLA SENTENZA CHE CAMBIÒ TUTTO

All’indomani del verdetto d’appello, intervistiamo Raffaello Magi, il giudice che firmò la deliberazione di primo grado del processo Spartacus


di Marilù Musto


La sentenza è lì, sullo scaffale della libreria del suo ufficio del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Accanto, poco distante, una cartolina di Edgar Degas con la ballerina che indossa le scarpette da danza. Da un lato il lavoro, duro ed estenuante; dall’altro i colori, l’arte e l’attrazione per tutto ciò che è bello, variopinto, raffinato. È tutto ciò Raffaello Magi, il giudice estensore della sentenza Spartacus I, in primo grado. Le due immagini, dei faldoni e della ballerina, racchiudono il suo mondo. Cominciamo ad intervistarlo facendogli una domanda chiara, secca, lapidaria.
Cos’è stato Spartacus I?
Il processo Spartacus ha segnato l’inizio di una nuova fase di ricostruzione delle vicende criminali, che hanno interessato la provincia di Caserta e, per certi versi, l’intera regione Campania. L’ultimo accertamento importante sull’associazione camorristica di Bardellino risaliva al 1986 e vi era la necessità di riempire un vuoto di tipo storico sulla stessa nascita della organizzazione nota come "clan dei Casalesi". Dopo questa sentenza nessuno potrà mettere in dubbio l’esistenza e l’ascesa di un nuovo gruppo, nato come gemmazione dal precedente, con a capo Francesco Schiavone "Sandokan" e Vincenzo De Falco. Possiamo dire che nella storia giudiziaria campana esiste un prima e un dopo Spartacus. Nel senso che già dopo la sentenza di primo grado è stato possibile in tanti altri processi affermare l’esistenza del clan e ricostruire omicidi, estorsioni e altre attività compiute negli anni successivi.
Dopo tre anni dalla deposizione delle motivazioni della sentenza di primo grado, scritta da lei, sono state depositate le motivazioni del secondo grado di giudizio che seguono la via tracciata dal suo verdetto. Sono state confermate le sedici condanne all’ergastolo per i capi dell’organizzazione. Cosa ne pensa?
Da un lato c’è una grande soddisfazione, dall’altro c’è attesa per la definizione del secondo troncone del processo principale, che riguarda essenzialmente l’attività di numerosi soggetti, anche di imprenditori collegati all’organizzazione, specie nel settore della realizzazione delle opere pubbliche e della fornitura del calcestruzzo. Purtroppo i tempi lunghi del giudizio di appello rischiano in questo caso di azzerare i risultati ottenuti in primo grado e aprire le porte alla prescrizione del reato.
In che modo Spartacus I ha segnato la sua vita professionale e privata?
Anche nella mia vita esiste un prima e un dopo Spartacus I. Nel senso che l’impegno professionale di quegli anni trascorsi nell’aula bunker è stato talmente grande da costringermi ad accantonare ogni altro progetto, mentre adesso, pur proseguendo nell’attività giudiziaria ordinaria, sento di avere la possibilità di dedicarmi anche ad aspetti organizzativi e collaterali al mio lavoro, che arricchiscono il lato umano e professionale.
Dopo la sentenza in Cassazione delle condanne inflitte ai mafiosi in Sicilia, c’è stato il periodo dell’offensiva della mafia allo Stato, segnata da attentati e dalle morti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ci si deve aspettare una vendetta simile anche dal clan dei Casalesi? E poi, Il collaboratore di giustizia Luigi Diana ha rivelato ai pm antimafia che il clan la seguiva e sapeva la strada che percorreva per tornare a casa. Le è stata assegnata la tutela. Ma in quel periodo ha avuto paura?
La realtà siciliana era in quegli anni ancor più delicata di quella casertana oggi, perché erano messi in gioco soggetti e fatti di grande rilievo politico e istituzionale, mentre sinora la potenza dei Casalesi sembra essere più di tipo economico e questo rende improbabile un nuovo ricorso al terrorismo stragista, che si è affacciato nella nostra realtà dopo la sentenza di appello. È chiaro però che per essere certi di questo bisognerà aspettare i momenti successivi al verdetto definito.
Per quanto riguarda la mia situazione e quella dei colleghi che con me hanno portato avanti il processo, posso dire che per certi versi chi affronta questo tipo di processi già sa di esporsi a dei rischi, quindi le notizie su possibili ritorsioni non mi hanno meravigliato più di tanto. So di aver trattato tutti i partecipanti al processo nello stesso modo e con il massimo equilibrio e penso che questo venga apprezzato anche dai destinatari delle sentenze. Ho dovuto modificare alcune abitudini e restringere i miei momenti di libertà. Ma già da un po’ credo che il livello di rischio si sia attenuato... continua

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