Le limitazioni alle indagini saranno notevoli, colpendo indirettamente anche l’attività antimafia. Così la nuova normativa imbriglia la giustizia
di Raffaele Cantone*
Nei giorni scorsi il Governo ha presentato un maxi emendamento ad un disegno di legge, pure di origine governativa, da tempo in aula, sulle intercettazioni telefoniche; vi ha posto la fiducia e ne ha ottenuto la rapida approvazione, troncando un dibattito, anche molto proficuo, che su di esso era in corso. Il testo così come approvato è passato al Senato ed è più che probabile un altrettanto rapido iter in quel ramo del Parlamento, forse con una nuova fiducia, e quindi la sua definitiva approvazione, presumibilmente entro l’estate.
L’obiettivo manifestato pubblicamente ed indicato nelle relazioni di accompagnamento alla proposta legislativa era, soprattutto, quello di una riforma del sistema delle intercettazioni che tutelasse maggiormente la privacy dei cittadini. Il testo licenziato certamente raggiungerà lo scopo prefissosi, ma il prezzo da pagare, in termini di contraccolpi alle attività di indagini, sarà davvero molto alto. Cerchiamo di capire perché, con un breve esame della normativa che si muove su più direttrici.
Una prima, riguarda specificamente le intercettazioni; nei processi di criminalità comune esse saranno possibili solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza» (ci sarà quindi bisogno già di un soggetto probabile colpevole!); dovranno essere autorizzate dal tribunale collegiale con sede nel capoluogo del distretto (per cui, restando al nostro distretto, i Pm di Santa Maria Capua Vetere, di Nola, di Torre Annunziata, di Avellino, di Benevento dovranno fare capo a Napoli!); diverranno quasi non effettuabili nei procedimenti contro ignoti, per i quali è richiesta anche l’autorizzazione delle vittime di reati; saranno possibili quelle ambientali solo nei luoghi in cui si ritiene possa essere in corso l’attività criminosa; gli stessi presupposti per le intercettazioni saranno necessari per acquisire sia immagini e foto, sia i tabulati del traffico telefonico; le attività di ascolto potranno durare trenta giorni, prorogabili fino al massimo di sessanta; i risultati delle intercettazioni non potranno essere utilizzati per delitti diversi da quelli per i quali c’era stata l’autorizzazione, salvo che non si tratti di reati di mafia.
Le conseguenze di tale riforma sono presto dette: si ridurranno le possibilità di effettuare le intercettazioni; risulterà molto più complesso e burocratico il procedimento di autorizzazione (in un momento in cui si parla di snellire le procedure!); sarà molto più complicata l’utilizzazione delle poche che si riusciranno a fare; aumenteranno ulteriormente i procedimenti contro ignoti, consolidando la posizione di vertice in Europa del nostro Paese, per numero di indagini che si concluderanno senza l’individuazione dei responsabili.
Nei processi di criminalità organizzata e terrorismo, almeno in astratto, resta quasi tutto come oggi; basteranno i sufficienti indizi di reato; saranno più ampi i margini per effettuare le intercettazioni ambientali, non sono previsti limiti di durata. Ed allora le indagini antimafia possono dormire sonni tranquilli? Purtroppo non c’è da stare tranquilli nemmeno in tale ambito; vi saranno, infatti, indirette, ma certe, ricadute negative della normativa anche sull’efficienza e l’efficacia delle indagini, anche su queste forme di più grave criminalità.
In primo luogo, è noto che nelle nostre realtà territoriali la divisione fra criminalità comune ed organizzata è molto labile; gran parte delle intercettazioni che vengono effettuate con l’obiettivo di scoprire reati comuni (rapine, omicidi, furti, i cosiddetti cavalli di ritorno, contraffazioni di marchi etc.) consentono quasi sempre di individuare nuovi filoni di delitti di criminalità organizzata; riducendosi le intercettazioni ordinarie si avvizzirà una fonte fondamentale di individuazione dei reati mafiosi.
E poi, nelle disposizioni più strettamente processuali, si rinvengono ulteriori strettoie; l’aver affidato, ad esempio, l’intercettazione al tribunale collegiale allungherà di molto i tempi per ottenere le autorizzazioni come sa chiunque si sia occupato di indagini; o l’aver reso necessario trasmettere al tribunale «il fascicolo contente tutti gli atti di indagine fino a quel momento compiuti», imporrà di trasferire da un ufficio all’altro un enorme quantitativo di atti, con probabili conseguenze negative anche in tema di segretezza dell’attività investigativa... continua
* Magistrato
giovedì 2 luglio 2009
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