L’ennesimo boss è stato arrestato, eppure la criminalità organizzata non sembra arretrare dalla società civile. Il giudice Magi: «Bisogna spezzare la connivenza tra clan e imprese»
di Raffaele de Chiara
«Prima o poi doveva succedere». Il boss della camorra Mario Caterino, sorriso sardonico e modi spicci, ha accolto così gli agenti che lo hanno catturato lo scorso aprile a Casal di Principe. Fatalismo o ennesima provocazione ad uno Stato che, nonostante mieta successi, sembra non vincere mai la sfida contro il crimine organizzato?
Meglio conosciuto come Mario ’a botta, per via della sua passione per gli esplosivi, Caterino, latitante dal 2005, era inserito nell’elenco dei trenta ricercati più pericolosi d’Italia e considerato il boss di camorra più importante dopo Michele Zagaria. Mario ’a botta si nascondeva nell’abitazione di un insospettabile imbianchino della zona.
«È un successo straordinario che stringe il cerchio intorno alla latitanza di Michele Zagaria», è stato il commentato alla cattura del ministro dell’Interno Roberto Maroni. Dello stesso segno anche le dichiarazioni del presidente della Provincia Domenico Zinzi: «È l’ennesimo successo ottenuto grazie all’azione congiunta di forze dell’ordine e magistratura», e del Questore di Caserta Guido Longo, che nel 1998 guidò l’operazione che condusse in carcere Francesco Schiavone detto Sandokan: «Abbiamo dato una bella botta alla cosca dei Casalesi».
Garbato ed estroverso, senza mai tradire la serietà del ruolo che riveste, Raffaello Magi, un magistrato del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere impegnato nella lotta alla criminalità organizzata, parla degli ultimi importanti arresti e delle prospettive per questo territorio. «Mario Caterino era un camorrista della “prima generazione”, che ha sfruttato l’ascesa del clan successiva alla morte di Bardellino. Il boss – dice – è sempre stato molto vicino al gruppo degli Schiavone e negli ultimi anni, come spesso accade, la sua importanza era cresciuta proprio in virtù della latitanza». La cattura di Mario ’a botta rappresenta, secondo il magistrato che fu giudice a latere nel processo Spartacus: «Un fatto molto significativo, in quanto la rete di protezione che si crea intorno a queste persone non può essere impenetrabile. Capacità e impegno da parte delle forze dell’ordine sono poi gli elementi indispensabili per trovare chi si nasconde».
Violenze e connivenza, due elementi imprescindibili per qualsiasi latitanza, un vecchio connubio rivelatosi purtroppo ancora una volta valido. «Il fenomeno camorristico è ormai una realtà “trasversale”, che non si limita a governare i settori tradizionalmente illeciti come ad esempio estorsioni, traffico degli stupefacenti e scommesse clandestine, ma estende la sua influenza anche nei settori nevralgici dell’economia. Gestione del ciclo dei rifiuti, dei mercati dei generi alimentari, della distribuzione delle materie prime e della pubblica amministrazione sono solo alcune delle nuove attività». Il perché di tutto ciò è presto detto: «È la mancanza di un forte senso etico in buona parte dell’imprenditoria e del mondo delle professioni a rendere possibile il “contatto” tra realtà che dovrebbero essere diverse. La logica che domina è quella del profitto ad ogni costo e ciò comporta inevitabilmente l’alterazione della libera concorrenza e della legalità». L’arresto di Antonio Iovine prima e quello di Caterino poi costituiscono l’apice di un impegno da parte dello Stato che, oltre a produrre proclami, è fatto anche di risultati concreti eppure la camorra, vedi la recente crisi dei rifiuti, appare sempre presente e forse potente più di prima; non così però per Magi che respinge con fermezza il paradosso: «Non credo che sia più forte di prima. Molti clan hanno subìto colpi durissimi e si è diffusa l’idea che la repressione esiste. Certo, vi è ancora un livello di connivenza su cui bisogna lavorare in profondità». Diverso il discorso per la piaga dei rifiuti: «La camorra ha approfittato dell’inefficienza della macchina amministrativa per gestire “in concreto” una buona parte del ciclo dello smaltimento. Bisogna creare un nuovo rapporto di fiducia tra la popolazione e chi è chiamato a compiere l’opera di bonifica dei suoli e la raccolta dei rifiuti»...continua
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