giovedì 30 giugno 2011

CARO VACANZE, LE RINUNCE DELLE FAMIGLIE

Andare in ferie costa il 4% in più rispetto allo scorso anno: aumentano i last minute e i viaggi in economia. Il ministro tira fuori i Buoni Vacanze, ma pochi vi ricorrono


di Marianna Tavoletta

Secondo il monitoraggio effettuato dall’Onf (Osservatorio nazionale federconsumatori), quest’anno una tradizionale vacanza al mare di una settimana, per una famiglia composta da due adulti e due ragazzi che viaggia in auto, costerà il 4% in più rispetto all’anno scorso. Anche la vacanza da pendolari aumenterà: la stessa famiglia per una giornata al mare spenderà in media 76,20 euro, pari al 12% in più rispetto al 2009, in un parco acquatico il 5% in più. I rincari sono dovuti soprattutto all’aumento del costo dei carburanti (che incidono anche sui costi delle escursioni), dei pedaggi autostradali, ma anche delle spese alimentari e degli stabilimenti balneari. Gli effetti di questi aumenti, che si aggiungono alla crisi economica, emergono da un’indagine dell’Osservatorio Europcar-Doxa, che rivela un aumento della percentuale di coloro che non andranno in vacanza (51%) rispetto a quanti programmano di andarci (49%), come nel 2009. «Il calo delle prenotazioni c’è stato. Ma soprattutto sono cambiate le abitudini: aumentano le persone che aspettano le ultime offerte per prenotare, in passato erano principalmente i giovani ad approfittare dei last minute, oggi anche molte famiglie scelgono di rischiare sperando di poter risparmiare acquistando gli ultimi posti», ci riferisce Serena, tour operator campana. Mentre non sembra riscuotere molto successo il ricorso al credito: «La scorsa stagione sono stati pochissimi i finanziamenti attivati, e per quest’anno non abbiamo avuto ancora nessuna richiesta. Nonostante la comodità di attivare il prestito direttamente in agenzia, le famiglie preferiscono ridurre la durata della vacanza, scegliere mete meno care e periodi di bassa stagione, ma evitare di ricorrere alle finanziarie per le ferie». Un dato in controtendenza rispetto a quello nazionale, che viene interpretato dal presidente di Federconsumatori Campania Rosario Stornaiuolo come sintomo di povertà: «Il ricorso al debito per le vacanze non è diffuso in Campania perché non ci sono le condizioni. Da una nostra ricerca Napoli è risultata una delle città più povere d’Italia, le famiglie che vivono sotto la soglia di povertà sono il 39%, 2 su 4 non hanno i soldi per pagare le bollette, 1 su 4 non può comprare le medicine. Purtroppo sono queste le spese sostenute dal debito delle famiglie, che ricorrono molto più spesso di quanto si pensi anche all’usura, non di certo le vacanze, alle quali in numero sempre maggiore sono costrette a rinunciare».
Proprio per far fronte alla crisi economica, sulla scia degli Chèque-Vacances (nati in Francia nel 1982), l’anno scorso anche in Italia sono stati istituiti i Buoni Vacanze con il decreto del Ministro del Turismo Michela Brambilla. Si tratta di titoli di pagamento nominativi, finalizzati ad acquisire le prestazioni di servizi turistici e del tempo libero, dalla sistemazione alberghiera alla ristorazione, dai trasporti agli affitti di casa vacanze, dall’acquisto di viaggi in agenzia agli autonoleggi, dall’entrata nei musei agli altri servizi culturali....continua

DE MAGISTRIS VINCE SENZA POLITICA

Il magistrato ha raccolto la voglia di rivalsa dei napoletani, approfittando di un Pdl poco credibile e di un Pd alla canna del gas. Ora la sfida del governo dei rifiuti


di Antonio Puzzi

«Mo’ammo scassato veramente». E il sistema del bipolarismo con lui a Napoli è crollato sul serio. Luigi De Magistris, 43 anni, ex magistrato ed eurodeputato per Italia dei valori, saluta così la folla arancione accorsa lunedì 30 maggio all’Hotel Royal per celebrarlo come sindaco. «Pare ca avimmo vinciuto ’o scudetto», esultano i leader partenopei di Federazione della Sinistra.
A poche centinaia di metri, il comitato elettorale di Gianni Lettieri non riesce invece a digerire la sconfitta e si domanda come sia possibile che i napoletani abbiano scelto con una maggioranza bulgara (65,38%) l’ex pm delle inchieste “Why not” e “Toghe lucane”, nelle quali furono coinvolti tra gli altri il deputato Udc Lorenzo Cesa e l’allora Guardasigilli Clemente Mastella. Tanto De Magistris quanto Lettieri avevano smarcato la campagna elettorale dai simboli di partito, proprio come alle Regionali 2010.
All’epoca però il carisma di Vincenzo De Luca (oggi riconfermato sindaco di Salerno al primo turno con il 73,75% dei voti) nulla poté contro il successo dell’attuale governatore, Stefano Caldoro. Cos’è cambiato? «In dodici mesi – sostiene il giornalista politico Marzio Di Mezza – il centrodestra ce l’ha messa tutta per perdere a Napoli: dai rifiuti al berlusconismo dilagante. E la città ha reagito». De Magistris ha avuto dalla sua il cosiddetto “voto contro”, anche grazie a una candidatura non entusiasmante imposta al centrodestra dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, incurante delle richieste di ripensamento ricevute da molti dirigenti locali. Il Pd, poi, ripiegando dopo lo scandalo delle primarie sull’ex prefetto Mario Morcone, gli aveva affiancato in campagna elettorale l’ex governatore Antonio Bassolino, perfino a Chiaiano, peggiorando così il già esile bacino di voti. «De Magistris è stato favorito dall’assenza di un Pd credibile – continua Di Mezza –. Il pasticciaccio delle primarie è solo la punta dell’iceberg. E poi il magistrato ha toccato le corde giuste.
È riuscito ad affascinare il popolo, mentre con l’elite aveva già un buon rapporto (basti pensare al sostegno di Erri De Luca, ndr). Ha preso consensi trasversalmente. Anche Mastella con le sue uscite (“Se vince De Magistris mi suicido”, aveva ironizzato a Radio 2, ndr) gli ha fatto guadagnare voti».
L’ex pm si è proposto dunque quale icona di riscatto, come sostiene la giornalista del Corriere del Mezzogiorno, Natascia Festa, paragonandolo addirittura a Barack Obama e suggerendogli implicitamente l’invito a Napoli per il Presidente Usa. «L’Italia è stata screditata a livello internazionale dal nostro premier – spiega lo scrittore Massimo Cacciapuoti –. L’immagine di Napoli sommersa dalla monnezza ha fatto il giro del mondo ma il voto di Napoli ha anche una valenza simbolica diversa: De Magistris viene dalla magistratura, non dalla politica. È il voto della città che si ribella alla camorra e alla politica del malaffare. È la voce gridata di chi vuole giustizia e chiede un impegno serio e deciso dalla parte migliore della società civile che, nonostante i proclami del premier, continua a identificarsi nella magistratura».
Il rifiuto ricevuto qualche mese prima dal centrosinistra (eccezion fatta per il velato appoggio di Umberto Ranieri, grande beffato delle primarie) è divenuto pertanto la carta vincente di De Magistris e la scelta di “non apparentamento” dopo i risultati del primo turno ha fatto il resto....continua

UN CAFFÈ CHE SA DI PULITO

La Rete del Caffè Sospeso combatte contro il monopolio della distribuzione da parte dei clan. In che modo? Incoraggiando le piccole produzioni, magari nate dentro un carcere


di Antonio Puzzi

Dai Setola ai Mallardo, la storia dell’imprenditoria del malaffare in Terra di Lavoro passa per il settore agroalimentare. Negli ultimi anni, si sono moltiplicate le indagini delle forze dell’ordine e le inchieste giornalistiche che hanno portato alla luce fatti spesso noti, ma che le voci del popolo preferivano tacere. Già lo scorso mese “Fresco di Stampa” ha compiuto un viaggio nel mondo del pane “illegale” partendo da Sant’Antimo e analizzando il fenomeno nell’intera area a nord di Napoli con sconfinamenti nell’Agro aversano. Il caso ha voluto che proprio in quei giorni venissero sequestrati al clan dei Polverino oltre un miliardo di euro ottenuti con la distribuzione, forse obbligata, di pane, farine, cereali e carni. Solo dodici mesi fa, invece, l’arresto di Giuseppe Setola aveva messo in chiaro come il Caffè Nobis, una miscela qualitativamente non eccellente prodotta da un’azienda riconducibile secondo le indagini a un bar trentolese, fosse imposta agli esercizi commerciali della provincia di Caserta o comunque distribuita, secondo gli inquirenti, in una maniera non del tutto rispettosa dei crismi della legalità. Di recente, infine, il sequestro dei beni ai Mallardo di Giugliano ha portato a conoscenza delle masse come la stessa trafila riguardasse anche il Caffè Seddio, quasi un monopolio da Castelvolturno al basso Lazio. E con buone probabilità la lista nera dei marchi non è ancora completa.
Importante sottolineare che le accuse non sono state ancora confermate dai processi, ma le indagini iniziate dal 2008 testimoniano un modus operandi tutt’altro che isolato. Per riportare alla luce il valore della legalità in merito al prodotto simbolo di Napoli è nato il progetto di sette festival italiani che si occupano di arti performative e di diritti violati: la Rete del Caffè Sospeso. Ideata in principio per una mutua solidarietà tra le manifestazioni che non godono di grossi sovvenzionamenti pubblici, la Rete ha deciso però di distinguersi, soprattutto nel Napoletano, con una forte azione identitaria. Non a caso, il nome dato al network richiama l’antica pratica, diffusa fino a qualche decennio fa nel capoluogo campano, di entrare in un bar, bere un caffè e pagarne due. Il secondo, per l’appunto “sospeso”, sarebbe stato poi destinato a chi non poteva godere di un bene, se non primario quanto meno simbolico, della civiltà partenopea. Si tratta insomma di un gesto di solidarietà verso un’umanità sconosciuta che si concretizza donando non una necessità, ma la dignità di un piacere.
Maurizio Del Bufalo, coordinatore del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli e referente campano della Rete, afferma: «È bene ribadire che nella pratica del Caffè Sospeso non c’è solo solidarietà, ma anche legalità, amicizia, senso della comunità, rispetto dell’altro. Vorremmo soprattutto che questo diventasse un modo in controtendenza di declinare la “napoletanità”, senza sottolineare identità o localismi, ma ribadendo la storia sociale e popolare di una città che non ha mai smesso di ospitare e accogliere, in contrasto con l’atteggiamento sterile di una classe dirigente che stenta moltissimo a rappresentare i bisogni del suo popolo e di una criminalità organizzata che ferocemente si è nutrita di questa distanza». Il funzionamento del meccanismo immobilizzante nella distribuzione dell’oro nero campano ce lo spiega Imma Carpiniello, una delle operatrici della cooperativa Lazzarelle, che offre lavoro alle detenute del carcere femminile di Pozzuoli, per l’appunto producendo caffè: «I grossi monopoli, non sempre direttamente riconducibili ai clan, offrono le attrezzature necessarie ai bar per macinare, preparare e servire il caffè....continua

mercoledì 1 giugno 2011

UN’ALTRA BOTTA ALLA CAMORRA. MA BASTERÀ?

L’ennesimo boss è stato arrestato, eppure la criminalità organizzata non sembra arretrare dalla società civile. Il giudice Magi: «Bisogna spezzare la connivenza tra clan e imprese»


di Raffaele de Chiara

«Prima o poi doveva succedere». Il boss della camorra Mario Caterino, sorriso sardonico e modi spicci, ha accolto così gli agenti che lo hanno catturato lo scorso aprile a Casal di Principe. Fatalismo o ennesima provocazione ad uno Stato che, nonostante mieta successi, sembra non vincere mai la sfida contro il crimine organizzato?
Meglio conosciuto come Mario ’a botta, per via della sua passione per gli esplosivi, Caterino, latitante dal 2005, era inserito nell’elenco dei trenta ricercati più pericolosi d’Italia e considerato il boss di camorra più importante dopo Michele Zagaria. Mario ’a botta si nascondeva nell’abitazione di un insospettabile imbianchino della zona.
«È un successo straordinario che stringe il cerchio intorno alla latitanza di Michele Zagaria», è stato il commentato alla cattura del ministro dell’Interno Roberto Maroni. Dello stesso segno anche le dichiarazioni del presidente della Provincia Domenico Zinzi: «È l’ennesimo successo ottenuto grazie all’azione congiunta di forze dell’ordine e magistratura», e del Questore di Caserta Guido Longo, che nel 1998 guidò l’operazione che condusse in carcere Francesco Schiavone detto Sandokan: «Abbiamo dato una bella botta alla cosca dei Casalesi».
Garbato ed estroverso, senza mai tradire la serietà del ruolo che riveste, Raffaello Magi, un magistrato del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere impegnato nella lotta alla criminalità organizzata, parla degli ultimi importanti arresti e delle prospettive per questo territorio. «Mario Caterino era un camorrista della “prima generazione”, che ha sfruttato l’ascesa del clan successiva alla morte di Bardellino. Il boss – dice – è sempre stato molto vicino al gruppo degli Schiavone e negli ultimi anni, come spesso accade, la sua importanza era cresciuta proprio in virtù della latitanza». La cattura di Mario ’a botta rappresenta, secondo il magistrato che fu giudice a latere nel processo Spartacus: «Un fatto molto significativo, in quanto la rete di protezione che si crea intorno a queste persone non può essere impenetrabile. Capacità e impegno da parte delle forze dell’ordine sono poi gli elementi indispensabili per trovare chi si nasconde».
Violenze e connivenza, due elementi imprescindibili per qualsiasi latitanza, un vecchio connubio rivelatosi purtroppo ancora una volta valido. «Il fenomeno camorristico è ormai una realtà “trasversale”, che non si limita a governare i settori tradizionalmente illeciti come ad esempio estorsioni, traffico degli stupefacenti e scommesse clandestine, ma estende la sua influenza anche nei settori nevralgici dell’economia. Gestione del ciclo dei rifiuti, dei mercati dei generi alimentari, della distribuzione delle materie prime e della pubblica amministrazione sono solo alcune delle nuove attività». Il perché di tutto ciò è presto detto: «È la mancanza di un forte senso etico in buona parte dell’imprenditoria e del mondo delle professioni a rendere possibile il “contatto” tra realtà che dovrebbero essere diverse. La logica che domina è quella del profitto ad ogni costo e ciò comporta inevitabilmente l’alterazione della libera concorrenza e della legalità». L’arresto di Antonio Iovine prima e quello di Caterino poi costituiscono l’apice di un impegno da parte dello Stato che, oltre a produrre proclami, è fatto anche di risultati concreti eppure la camorra, vedi la recente crisi dei rifiuti, appare sempre presente e forse potente più di prima; non così però per Magi che respinge con fermezza il paradosso: «Non credo che sia più forte di prima. Molti clan hanno subìto colpi durissimi e si è diffusa l’idea che la repressione esiste. Certo, vi è ancora un livello di connivenza su cui bisogna lavorare in profondità». Diverso il discorso per la piaga dei rifiuti: «La camorra ha approfittato dell’inefficienza della macchina amministrativa per gestire “in concreto” una buona parte del ciclo dello smaltimento. Bisogna creare un nuovo rapporto di fiducia tra la popolazione e chi è chiamato a compiere l’opera di bonifica dei suoli e la raccolta dei rifiuti»...continua

SE SPARTA PIANGE, ATENE NON RIDE…

Entrambi i partiti a vocazione maggioritaria escono malconci dalla tornata elettorale. Il Pd diventa quasi irrilevante, il Pdl ha perso molti più voti di quelli erosi dai finiani


Alessandro Pecoraro

Una vittoria per le liste civiche, una grande sconfitta per Partito democratico e Popolo della libertà.
Terzo Polo quasi invisibile. Questo il responso delle urne in occasione delle elezioni amministrative, che si sono tenute a maggio, in oltre 40 città delle province di Napoli e Caserta. Elezioni che hanno confermato in modo incontrovertibile la sfiducia dei cittadini campani nei confronti dei due maggiori partiti.
Il centrodestra, dopo aver conquistato Province e Regione, ha avuto difficoltà ad attribuire all’opposizione la colpa dei problemi del territorio, mentre il centrosinistra non è riuscito ancora a riorganizzarsi e, dopo la fine del “ventennio” bassoliniano, è alle prese con un difficilissimo cambio generazionale, non ancora riuscito. L’Italia dei valori (con la sola eccezione di Napoli) e Sinistra e libertà stentano a decollare, fermandosi sotto il 4%, in quasi tutte le città, il Pd continua a perdere consensi.
Le sconfitte elettorali subite negli ultimi due anni non hanno prodotto alcun tipo di cambiamento e così un partito che a livello nazionale è attestato tra il 27 e il 30% dei voti, a Caserta non è riuscito a superare la soglia del 10%, mentre a Napoli è riuscito a malapena a raggiungere il 16%, un risultato che dovrebbe far riflettere i vertici locali e nazionali del partito, soprattutto se si pensa che l’anno scorso, alle elezioni regionali, il Partito democratico ottenne il 15,07% delle preferenze, a Caserta, e il 21,69% a Napoli. Risultati che sembravano aver posto fine al calo dei consensi del Pd campano, ma evidentemente così non è stato.
Gli errori commessi a Napoli prima con Andrea Cozzolino e poi con Mario Morcone, dove il “fuoco amico” di Luigi De Magistris ha colto i coordinatori Enzo Amendola e Andrea Orlando di sorpresa, e il fuggi fuggi generale in Provincia di Caserta, hanno condotto i democratici in un vortice pericoloso. «Il Pd ha subito un forte arretramento e si deve porre il problema della sua rifondazione», ha affermato Orlando subito dopo le elezioni.
«Dobbiamo domandarci perché non abbiamo saputo interpretare il cambiamento e intercettare la domanda che ci facevano i cittadini». Meglio tardi che mai si direbbe, ma purtroppo il fallimento della classe dirigente del Partito democratico era chiaro, nitido e cristallino già da un po’.
Sono molte le cose che mancano, a partire da un reale rinnovamento della classe dirigente, dalla prospettiva a lungo termine e soprattutto dalla lucidità di capire che è inutile continuare a litigare per “comandare”, in un partito che ormai è arrivato ai minimi storici di sempre e, a Caserta, è stato superato anche dall’Udc. Non è un caso che una delle pochissime città della provincia in cui il centrosinistra ha invertito una tendenza negativa che durava da molti anni è Parete, dove il Pd, presentandosi insieme alle altre liste della coalizione sotto un unico simbolo, è riuscito a sconfiggere le liste civiche in appoggio al centrodestra proponendo come candidato Raffaele Vitale, 29 anni e tanta voglia di voltare pagina...continua

SCUOLA, IL NUOVO ESODO DEI PRECARI

Napoli e Caserta non lasciano nessuna speranza ai tanti docenti in attesa di assunzione. Mentre gli istituti annaspano nella quotidiana lotta per quadrare i conti


di Luisa Smeragliuolo Perrotta

Inizia giugno e iniziano i conti e le trepidazioni dei docenti precari e del personale Ata che, all’inizio del mese, hanno aggiornato la loro posizione nelle graduatorie cosiddette ad esaurimento, per il biennio 2011-2013, trasformato in triennio dal “Decreto sviluppo” del 05/05/2011.
Quanti si saranno traferiti nelle province di Napoli e Caserta dopo aver maturato un buon punteggio in qualche provincia del centro-nord? Quanti avranno un punteggio superiore perché hanno svolto più supplenze oppure hanno lavorato in una scuola paritaria? Senza troppi colpi di scena, è certo che, a conti fatti, quando sarà pubblicata la graduatoria, probabilmente ad agosto, aumenterà il personale precario che Napoli e Caserta avrà dovuto lasciarle. Due province dense per popolazione scolastica, eppure inginocchiate dai tagli, che le hanno particolarmente colpite negli ultimi due anni, riducendo gli organici e affollando le classi.
Per molti precari la scelta di lasciare la Campania è obbligata: il personale Ata e i docenti che nel 2007 avevano deciso di iscriversi in una di queste graduatorie, già di per sé affollatissime, dalle prime manovre del Governo Berlusconi, nel 2008, hanno cominciato a lavorare sempre meno, perdendo ogni speranza nella possibilità di ricevere la stabilità intravista dal piano di immissioni in ruolo del Governo Prodi.
Le province maggiormente gettonate per il trasferimento dei docenti meridionali risultano Milano e Torino e le “intasate”, secondo le statistiche, Roma e Firenze. In Campania sono ancora lunghe le liste di chi attende l’assunzione, dopo aver superato l’ultimo concorso pubblico nella scuola, nel 1999: ogni anno si dovrebbe assorbire il 50% dalle graduatorie del concorso e l’altra metà dalle graduatorie provinciali ad esaurimento, in base ai posti in organico disponibili, ma da due anni le assunzioni sono letteralmente bloccate in tutto il Paese, eccetto per le graduatorie del sostegno e della scuola dell’infanzia, per cui c’è stato un piccolo numero di assunzioni. Quali sono le conseguenze reali sul funzionamento della scuola pubblica negli ultimi due anni? In molte scuole delle province di Napoli e Caserta diverse classi sono state prive di docenti, per settimane o addirittura per mesi, poiché le scuole non avevano soldi per pagare i supplenti (è recente la notizia degli stipendi anticipati ai professori con i soldi versati per le gite in un liceo della Brianza); pochi sono stati i precari pagati con regolarità, ma in generale raccontano di un pagamento procrastinato di mese in mese; quotidianamente è capitato che le classi siano state prive di sorveglianza, quando nemmeno i docenti di ruolo bastavano, con il loro straordinario, a sostituire un docente assentatosi per malattia...continua