L’antidivo Toni Servillo presenta il suo film allo storico Cineclub Vittoria e si schermisce: «Ma perché mi fotografate? Mica sono Alba Parietti?»
di Valentina Sanseverino
Reduce dai trionfi del Festival di Roma, acclamato come miglior attore italiano contemporaneo, cinque film all’attivo in una stessa stagione cinematografica e una tournée teatrale che sembra non voler finire mai.Toni Servillo è l’uomo d’oro del cinema italiano e il fiore all’occhiello di quella nuova rinascita culturale targata Caserta che, lontana da cliché musicali, blockbuster cinematografici e best seller letterari, sta monopolizzando la scena artistica nazionale.
Accanto a lui, più timidi ma trainati da un carisma coinvolgente, una miriade di abili casertani: dal giovane attore teatrale Francesco Paglino e dalla costumista Ortensia De Francesco (Gorbaciof) al collega Marco D’Amore fino allo sceneggiatore “Premio Solinas 2003”, Filippo Guarino (Una vita tranquilla). In prima fila c’è lui, il Re Mida del cinema italiano, l’attore che rende prezioso qualsiasi film sfiori, l’interprete conteso da festival e
produzioni di mezzo mondo. Eppure Toni Servillo, che la patina dorata da star se la scrolla di dosso con spontaneità, ha deciso di rimanere a Caserta, la provincia di tanti piccoli “Gorbaciof”, quella dove condurre una vita tranquilla, sempre con un piede sul palco e l’altro ben piantato a terra.Lo incontriamo al Cineclub Vittoria alla presentazione casertana proprio di Gorbaciof,piccolo gioiellino, quasi muto, che il fratello minore di casa Servillo regge con garbo e abilità, tutto sulle sue larghe spalle. «Ma perché mi fotografate? Mica sono Alba Parietti?
Che mi fotografate a fare, io sto sempre qua, mi vedete tutti i giorni in giro per Caserta». Sdrammatizza il caos creato dalla sua presenza, scherza con i vecchi amici presenti in sala, invita tutti a sostenere i baluardi di cultura della provincia, poi prende per mano suo figlio e se ne va. «Sto’ film già l’ho visto cento volte – scherza con inconfondibile cadenza casertana – ci vediamo dopo».
Da Montreal al Lido fino a Roma, nonostante il cinema la corteggi lei non trascura però il suo primo amore, il teatro. A Milano è già il tutto esaurito per la sua trilogia della villeggiatura e anche questo Gorbaciof, un piccolo Charlot metropolitano, è molto teatrale. È questo che l’ha spinta a scegliere di interpretarlo?
Le ragioni sono state tante. Tra i co-produttori del film, intanto, c’è anche la mia compagnia teatrale e quindi è un po’ come se il film fosse fatto con lo stesso spirito con cui faccio il teatro, la mia prima passione. L’equipe di collaboratori è la stessa: da Ortensia De Francesco ai costumi, a Pasquale Mari alla fotografia, a Nino Fiorito alla scenografia.Un’altra ragione è da ricercare nell’opera di Stefano Incerti. Amo molto il suo modo di raccontare Napoli, non banale. Soprattutto apprezzo il suo voler girare in luoghi della città non particolarmente celebri o frequentati. Dai suoi film emerge una Napoli grande sotto tutti i punti di vista, grande per stratificazione di storie, di segni, di mondi che si avvicendano, di vicende che si incrociano. Infine, semplicemente, perché ho amato questo piccolo racconto lirico dell’incontro tra due persone che per parlarsi devono ricorrere agli occhi, ai comportamenti piuttosto che alle parol,provenendo da paesi così diversi e lontani. L’insieme di tutti questi fattori mi ha spinto ad accettare di calarmi nei panni di Gorbaciof.Gorbaciof è la sua indiscussa consacrazione nell’albo d’oro degli attori di tutti i tempi: un personaggio estremamente complesso, che pronuncia la prima frase dopo ben ventinove minuti dall’inizio film, eppure irresistibile, coinvolgente, destinato a rimanere impresso per sempre nello spirito di uno spettatore. E a ben vedere tutti i personaggi che lei sceglie di interpretare sono emozionanti, attraenti, enigmatici, sebbene diversissimi tra loro. Ce n’è qualcuno che ha amato particolarmente o che le è venuto più “naturale” interpretare?
Non c’è mai un personaggio facile da interpretare se si rispetta questo mestiere: tutti hanno presentato delle difficoltà e tutti sono stati ugualmente emozionanti. Ognuno di essi rappresenta per me un’enorme gratificazione. È uno stimolo con il quale da sempre affronto il mio lavoro. È la magia dell’attore, guai a perderla di vista...continua
venerdì 3 dicembre 2010
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