venerdì 5 novembre 2010

QUI CI VUOLE UNA SPINTARELLA…

Il sistema clientelare ammazza la competitività e la meritocrazia. Eppure sembra l’unica chance in Campania per ottenere un lavoro decente


di Lina Pasca


Spetta alla Campania la maglia nera della disoccupazione con oltre il 20% dei senza lavoro. L’allarme arriva dalla Cgia, associazione artigiani e piccole imprese di Mestre, che ha calcolato i valori della situazione occupazionale utilizzando un ulteriore indicatore, quello dei cosiddetti inattivi. In tal modo ha ridefinito il tasso della disoccupazione reale in Campania, aggravando di 6 punti percentuali la stima del dato Istat che era del 14,3%.
«Le persone che non cercano più lavoro sono in continua crescita – afferma Giuseppe Borolussi, segretario della Cgia – e determinano un fattore di errore nella stima in quanto non rientranti nelle categorie di occupati o in cerca di occupazione». Gli “sconfortati” sono tra quelli che non trovano occupazione né attraverso i canali ufficiali – i centri per l’impiego o i concorsi pubblici – né attraverso il para-sistema del clientelismo. Nel secondo caso ciò è possibile o perché si è tra gli ultimi esseri umani ad avere una morale, o perché non si hanno le conoscenze giuste.
Una volta la chiamavano raccomandazione, oggi, nell’era post-tangentopoli, bandita dal dizionario la vetusta parola da Prima Repubblica mazzetta, la si usa definire “sistema clientelare”. Esso rappresenta il male oscuro del nostro Paese, più pericoloso forse della stessa crisi. «Il Nord è efficiente, il Sud è clientelare – ha dichiarato Ignazio Marino, senatore del Pd, presidente della Commissione parlamentare per l’efficienza del Servizio sanitario nazionale – ed è per questo che bisogna commissariare le Regioni». Marino ha illustrato come in Campania la sanità pubblica sia stata spesso considerata un luogo di occupazione clientelare, dove l’amicizia con il politico di riferimento ha prevalso sul merito: «I Direttori generali sono stati valutati non su base meritocratica – continua il senatore – ma nominati sulle basi delle appartenenze partitiche». Se non parliamo di redditi da 100 mila euro in su, ma della neo-diplomata contabile alla ricerca di un posto anche da addetta alle fotocopie, o del praticante avvocato laureato con tanto di lode, cambiano le forme e gli stipendi ma i contenuti restano gli stessi. Il problema è trovare lavoro e se ciò significa affidarsi al “mani in pasta” del momento, ben venga anche questo. Meglio ancora se si è sotto elezioni: una cena con l’amministratore locale, magari con la partecipazione di un candidato alla Regione, più il parente del facoltoso imprenditore, e forse si riesce finalmente a prendere il posto. Il clientelismo diventa dunque l’alternativa, una sorta di ammortizzatore sociale, di male minore condiviso: «L’importante è portare a casa la pagnotta – dichiara Nando, fisioterapista specialista in tecniche di riabilitazione, impiegato presso un centro privato dell’Aversano –. Sì, è vero, una mano mi è stata data. Ma sono contento di averla chiesta. Se non fosse così, ora starei ancora a casa con mammà, invece a giugno del prossimo anno potrò finalmente sposarmi dopo dieci anni di fidanzamento. E poi l’importante è non rubare!».
Continuiamo la nostra indagine tra persone in cerca di occupazione o neo-assunte, tutte comunque con un livello di scolarizzazione medio-alta, e ci imbattiamo in Ilaria: «Mi sono laureata col massimo dei voti in Architettura già da cinque anni e ho frequentato più di un master presso gallerie d’arte di mezz’Europa. Ora lavoro in uno studio ad Aversa, lo stipendio è basso ma almeno ho iniziato. Se non fosse stato per l’amico di mio zio, starei ancora a far domande». Il colloquio con Ilaria si fa più intenso quando le chiedo se ha mai pensato di spostarsi al nord: «Cosa devo fare – si oppone la ragazza – abbandonare una madre anziana e un papà invalido per guadagnare non tanto, ma ciò che mi spetterebbe? Purtroppo non posso, devo accontentarmi di ciò che mi danno qui, ma quel politico si sta già impegnando per farmi aumentare lo stipendio o per trovarmi un altro posto»...continua

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