in materia di ambiente e gestione del ciclo rifiuti
di Alessandro Pecoraro

Le indagini, partite nella primavera del 2003, svelerebbero un fitto sistema di tipo affaristico-clientelare in cui gli unici a guadagnarci sarebbero stati imprenditori e politici campani, tra cui spiccano i nomi di Antonio Bassolino e dei vertici di Impregilo. Il governatore è sospettato di aver commesso ben otto reati differenti, tra cui frode in pubbliche forniture, concorso in truffa aggravata, interruzione di pubblico servizio, concorso in violazione delle normative ambientali, abuso d’ufficio e falso. I vertici della multinazionale, invece, sono accusati di aver bruciato un finanziamento di oltre 200 milioni di euro, versato dal Governo italiano per la gestione, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in Campania. Secondo l’accusa, Bassolino, nel momento in cui era stato nominato commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, non avrebbe esercitato il suo dovere di controllo, «perseguendo un disegno criminale volto a non superare l’emergenza». Per Noviello e Sirleo, il presidente della Regione non poteva non essere a conoscenza della condotta dei gestori degli impianti – le imprese consorziate Impregilo, Fibe e Fisia – che sovraccaricavano gli impianti, disincentivando la raccolta differenziata e provocando uno svernamento in discarica di oltre il 50% dei rifiuti anziché del 15% stabilito dal piano per l’emergenza. I magistrati ritengono, inoltre, che il governatore della Campania sarebbe stato complice del mancato avviamento della raccolta differenziata, della realizzazione di impianti Cdr non a norma e di ritardi nella costruzione del termovalorizzatore di Acerra, entrato in funzione solo nel gennaio del 2009... continua
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