Santa Maria Capua Vetere ha accolto con dignità i primi 1200 profughi maghrebini destinati al campo. Ma dopo il primo contingente ne è arrivato un altro. E ora la tendopoli rischia di diventare un presidio permanente
di Stefano Crupi
La strategia sembra essere sempre la stessa: mettere il problema dove nessuno può vederlo, accantonarlo, nasconderlo. Per poi, davanti alle telecamere, vantare successi strepitosi e risultati ineccepibili. Anche nell’affrontare l’emergenza immigrati il governo italiano non si è smentito: segregati nell’ex caserma “Andolfato” di Santa Maria Capua Vetere, i circa 1200 profughi, sbarcati a Lampedusa sulla scia delle sollevazioni popolari che stanno sconvolgendo il nord Africa, sono come scomparsi agli occhi dell’opinione pubblica.
Durante i primi giorni della loro lunga permanenza nella tendopoli, nessuno scambio con l’esterno è stato consentito: persino alla senatrice Anna Maria Carloni, che intendeva sincerarsi sulle condizioni interne del campo, non è stato permesso l’accesso. E per quale ragione? «Disposizioni sanitarie», rispondevano i responsabili.
Col passare dei giorni, però, la scusa delle disposizioni sanitarie non ha retto più: si è capito che il governo stava solo prendendo tempo, alle prese con una discussione al suo interno che rischiava di incrinarne la stabilità. Dopo il voltafaccia di tutti gli altri paesi europei, l’Italia si ritrovava ad affrontare da sola il problema di questa invasione pacifica ed improvvisa, che non poteva certo essere risolta con il «fora de bal» sancito da Umberto Bossi e dalla Lega.
L’allestimento affidato alla Croce Rossa è risultato perfettamente in grado di adattarsi con rapidità all’emergenza: inizialmente predisposto ad accogliere ottocento persone, con cento tende da otto brande ciascuna, è stato ampliato per più della metà nel giro di poche ore. Ai volontari è stata affidata la direzione amministrativa del campo e l’assistenza. «Abbiamo impiegato più di cento persone – dice Francesco Cimmino, referente per la comunicazione della Croce rossa italiana Campania – con quaranta operatori fissi per volta, organizzati in turni. Accogliere un numero maggiore di persone ha comportato solo un adeguamento delle strutture, che in ogni caso eravamo già pronti ad affrontare». L’attività dei volontari è stata quindi tutta tesa a rendere il più confortevole possibile il soggiorno obbligato dei profughi nordafricani: tre pasti al giorno, distribuiti in tre grandi tende capaci di ospitare fino a quattrocento persone, la possibilità di utilizzare bagni allacciati alle fognature e provvisti di docce, visite mediche da parte dei sanitari dell’Asl con due presidi, uno fisso ed uno mobile. Un carico di vestiti contraffatti, sequestrati dalla Guardia di Finanza, è stato destinato ai profughi. «Ad un certo punto – racconta Cimmino – si è sparsa la notizia di cibo avariato distribuito agli immigrati. In realtà si trattava semplicemente di cibo condito con aceto, pietanza che in Tunisia e in Marocco non si è soliti usare.
Tengo a precisare che le persone ospitate e i volontari mangiano esattamente le stesse cose»...continua
venerdì 6 maggio 2011
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