venerdì 6 maggio 2011

L'ISOLA INFELICE DEI COMUNI

Stretti tra i tagli di spesa, i vincoli del Patto di stabilità e la scarsa autonomia su materie fondamentali, i primi cittadini lamentano una difficoltà crescente: «A volte siamo soli come cani»


di Mario Del Franco

«È stato proprio nei momenti di maggiore difficoltà, ad esempio durante le numerose crisi dei rifiuti, che io, come sindaco, mi sono davvero sentito solo come un cane». Domenico Ciaramella, da nove anni sindaco di Aversa e membro del comitato direttivo dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) regionale, riassume con estrema efficacia le condizioni pratiche e politiche in cui si trovano attualmente ad operare in generale gli amministratori locali e, in particolare, i sindaci. Primi cittadini che sono e si sentono sempre più soli, schiacciati dai pesanti tagli delle risorse destinate agli Enti locali e stretti nella morsa dei vincoli finanziari imposti al bilancio dei comuni dal Patto di stabilità di matrice europea.
«È evidente la giustezza e la necessità del Psi (Patto di stabilità interna) in ambito nazionale e sovranazionale – prosegue Ciaramella – ma il rispetto dei parametri previsti da tale Patto si traduce troppo spesso, sul piano locale, in una pressoché totale interdizione dei poteri del sindaco: a causa del tetto di spesa, una giunta comunale, pur avendo i bilanci in ordine, non può decidere lo stanziamento di fondi per potenziare i servizi sociali, i trasporti, o per investire in progetti culturali. Inoltre, il blocco delle assunzioni approvato con l’ultima finanziaria impedisce persino di accrescere l’organico degli uffici comunali laddove lo si ritenga necessario: in tali condizioni è evidente come l’autonomia del primo cittadino nell’amministrazione del proprio comune risulti pesantemente inficiata».
Il peso politico derivante dalle condizioni di difficoltà in cui versano i comuni ricade, inoltre, interamente sugli amministratori, come lamenta Lucio Santarpia, sindaco di Frignano e parimenti membro del comitato direttivo dell’Anci: «Veniamo troppo spesso travolti da decisioni prese ben al di sopra delle nostre teste, nel definire le quali non abbiamo in realtà alcuna voce in capitolo, ma che determinano situazioni di grave disagio nei territori da noi amministrati. Nel far fronte all’annosa questione rifiuti, ad esempio, i singoli comuni campani hanno ristretti margini di autonomia, dovendo necessariamente operare riuniti in consorzi provinciali e secondo le direttive imposte dal Commissariato di Governo: ma quando vi sono cumuli di rifiuti ai bordi delle strade, è naturale che un cittadino tenda a rivolgere la propria indignazione direttamente contro chi amministra la propria città, che deve dunque rispondere di misure adottate da altri»...continua

GIUSTIZIA LUNGA O NIENTE GIUSTIZIA…

Reazioni opposte, in Campania,sul processo breve, che cancellerebbe con un colpo di spugna i provvedimenti giudiziari contro i “signori dell’immondizia”


di Francesco Falco

Il processo per il rogo alla Thyssenkrupp di Torino, quello per i crolli nel terremoto a L’Aquila, la strage di Viareggio, il crac Parmalat; e poi ancora Calciopoli (la denuncia è del presidente del Tribunale di Napoli, Carlo Alemi, ndr) e chi più ne ha più ne metta, nella lista di procedimenti che hanno negli ultimi anni destato scandalo nell’opinione pubblica.
Alcuni di questi, verosimilmente, non si concluderanno a causa della famigerata “prescrizione breve”, una ghigliottina che potrebbe decapitare il processo ai danni dell’ex governatore Antonio Bassolino e che vede imputati i vertici di Impregilo, quello sul cosiddetto “scandalo rifiuti”. Tommaso Sodano, ex senatore di Rifondazione comunista e autore con Nello Trocchia de La peste, è impegnato da anni con denunce ed esposti proprio sullo scandalo in questione.
«Troncare il processo sui rifiuti – esordisce l’attuale consigliere provinciale di Napoli – avrebbe un impatto devastante: pensiamo ai miliardi di euro sperperati, agli scandali di questi anni, sarebbe davvero una batosta insopportabile. Io, davvero, non ho parole: sono stati anni di lotte e di denunce, la prima sporta nel 2003, e dopo otto anni non avere la possibilità di sapere se queste denunce sono fondate o meno sarebbe una sconfitta per la democrazia, un ulteriore danno per le popolazioni, per l’ambiente e il territorio».
La magistratura ha rappresentato, in questi anni, l’unico potere dello Stato determinato a fare chiarezza sull’affaire rifiuti? «Assolutamente sì – continua Sodano – è stata l’unica frontiera della legalità.
In Italia il fatto che ci sia insoddisfazione per il cattivo funzionamento della magistratura viene addebitato ai magistrati. Mancano i cancellieri, manca la carta, e provano a convincere cittadini che esiste il problema della giustizia, quando c’è invece un’aggressione a un potere dello Stato che vorrebbe riportarci a periodi bui. Peraltro, la richiesta di passare ad altre funzioni, presentata da Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo – i due magistrati del processo sui rifiuti – rappresenta un segnale inquietante, se non proprio un segno di cedimento»...continua

TENDE DEL DOLORE E DELLA SPERANZA

Santa Maria Capua Vetere ha accolto con dignità i primi 1200 profughi maghrebini destinati al campo. Ma dopo il primo contingente ne è arrivato un altro. E ora la tendopoli rischia di diventare un presidio permanente


di Stefano Crupi

La strategia sembra essere sempre la stessa: mettere il problema dove nessuno può vederlo, accantonarlo, nasconderlo. Per poi, davanti alle telecamere, vantare successi strepitosi e risultati ineccepibili. Anche nell’affrontare l’emergenza immigrati il governo italiano non si è smentito: segregati nell’ex caserma “Andolfato” di Santa Maria Capua Vetere, i circa 1200 profughi, sbarcati a Lampedusa sulla scia delle sollevazioni popolari che stanno sconvolgendo il nord Africa, sono come scomparsi agli occhi dell’opinione pubblica.
Durante i primi giorni della loro lunga permanenza nella tendopoli, nessuno scambio con l’esterno è stato consentito: persino alla senatrice Anna Maria Carloni, che intendeva sincerarsi sulle condizioni interne del campo, non è stato permesso l’accesso. E per quale ragione? «Disposizioni sanitarie», rispondevano i responsabili.
Col passare dei giorni, però, la scusa delle disposizioni sanitarie non ha retto più: si è capito che il governo stava solo prendendo tempo, alle prese con una discussione al suo interno che rischiava di incrinarne la stabilità. Dopo il voltafaccia di tutti gli altri paesi europei, l’Italia si ritrovava ad affrontare da sola il problema di questa invasione pacifica ed improvvisa, che non poteva certo essere risolta con il «fora de bal» sancito da Umberto Bossi e dalla Lega.
L’allestimento affidato alla Croce Rossa è risultato perfettamente in grado di adattarsi con rapidità all’emergenza: inizialmente predisposto ad accogliere ottocento persone, con cento tende da otto brande ciascuna, è stato ampliato per più della metà nel giro di poche ore. Ai volontari è stata affidata la direzione amministrativa del campo e l’assistenza. «Abbiamo impiegato più di cento persone – dice Francesco Cimmino, referente per la comunicazione della Croce rossa italiana Campania – con quaranta operatori fissi per volta, organizzati in turni. Accogliere un numero maggiore di persone ha comportato solo un adeguamento delle strutture, che in ogni caso eravamo già pronti ad affrontare». L’attività dei volontari è stata quindi tutta tesa a rendere il più confortevole possibile il soggiorno obbligato dei profughi nordafricani: tre pasti al giorno, distribuiti in tre grandi tende capaci di ospitare fino a quattrocento persone, la possibilità di utilizzare bagni allacciati alle fognature e provvisti di docce, visite mediche da parte dei sanitari dell’Asl con due presidi, uno fisso ed uno mobile. Un carico di vestiti contraffatti, sequestrati dalla Guardia di Finanza, è stato destinato ai profughi. «Ad un certo punto – racconta Cimmino – si è sparsa la notizia di cibo avariato distribuito agli immigrati. In realtà si trattava semplicemente di cibo condito con aceto, pietanza che in Tunisia e in Marocco non si è soliti usare.
Tengo a precisare che le persone ospitate e i volontari mangiano esattamente le stesse cose»...continua