Il porto potrebbe trasformare la città nella capitale del Mediterraneo, il consorzio delle cinque università darebbe lustro al Meridione. Ecco le idee del filosofo partenopeo Aldo Masullo
di Silvia De Geronimo
Il filosofo Aldo Masullo (nella foto), figura di prestigio del panorama culturale campano e italiano, ha accettato di rilasciare un’intervista esclusiva a "Fresco di Stampa".
Professore, cosa è oggi la regione Campania?
Non si può fare altro che sottolinearne lo stato di decadenza e, purtroppo, non si tratta di un’interpretazione, ma di un ritratto oggettivo, tracciato con gli studi dei grandi istituti di ricerca economica. Dalle loro statistiche si rileva che negli ultimi cinquant’anni le diverse zone sottosviluppate interne agli Stati europei hanno tutte raggiunto i livelli di quelle che un tempo le distanziavano. Tutte tranne l’Italia meridionale, e in particolare la Campania, e ciò nonostante l’imponente somma dei finanziamenti aggiuntivi ottenuti. A questo si accompagna una sensazione diffusa di disgregazione del tessuto sociale e civile, di cui la frantumazione politica è al tempo stesso effetto e causa.
E le province di Napoli e Caserta?
Napoli è certamente una città che ha grandi risorse. Penso al porto, penso ad una certa cultura tecnologica: abbiamo antiche università ed insegnamenti scientifici di alto livello, abbiamo cioè degli strumenti che possono essere utilizzati per un cambiamento di carattere economico. Ciò che manca è una classe dirigente che abbia mentalità imprenditoriale. Caserta poteva invece seguire la sua tradizione, poteva svilupparsi sull’allevamento del bestiame, però anche lì non c’è stata una vera e propria iniziativa.
D’altra parte questo mancato sviluppo ha costituito il vuoto nel quale ha trovato facile collocazione l’industria criminale.
Storicamente questa carenza di dinamismo economico dove affonda le radici?
A mio avviso questa mancanza dipende da un momento storico preciso, cioè dal fatto che il Regno di Napoli ha conosciuto l’iniziativa economica statale molto prima della fondazione dell’Iri e ciò ha dissuaso a monte l’iniziativa privata.
Questo significa che, alla fine del ’700, da una parte Carlo III promuoveva una serie di sviluppi urbanistici e industriali di altissimo livello, dall’altra i nostri proprietari terrieri se ne stavano tranquillamente a fare i cortigiani del re.
Nel frattempo i loro colleghi del nord si andavano trasformando da sfruttatori di contadini in imprenditori.
Come descriverebbe la parabola politica dell’ex presidente Antonio Bassolino, a partire da quella che fu la sua "primavera" del ’93, in qualità di sindaco?
La primavera bassoliniana fu un’illusione e una delusione: non è con il Maggio dei monumenti che si ricostruisce un’economia, non è con le riverniciature dei centri storici che si recuperano aree come Scampia. Bassolino ha inoltre perduto l’occasione di promuovere un rilancio democratico, di costruire un tramite tra cittadini e istituzioni. Questo elemento di insufficienza democratica si lega, tra l’altro, al mancato sviluppo economico perché, per esempio, discutendo apertamente con la cittadinanza riguardo la gestione dei finanziamenti europei, si sarebbe potuto costruire un progetto ben definito e funzionale a una ripresa complessiva, anziché spendere a pioggia... continua
venerdì 4 giugno 2010
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