Dopo centocinquant’anni di storia, il baratro tra Nord e Sud sembra diventato più profondo. Dall’economia al lavoro, dai diritti alla rappresentanza politica il Bel Paese presenta più differenze che continuità. Se non fosse per la criminalità organizzata, che non conosce frontiere
di Raffaele de Chiara
Centocinquant’anni di unità nazionale, eppure il Nord e il Sud dell’Italia continuano a viaggiare su binari paralleli e, spesso, totalmente divergenti.
«Nelle istituzioni, così come nella società, deve crescere la consapevolezza che il divario tra il settentrione ed il meridione debba essere corretto». A lanciare l’allarme, nel 2009, durante la presentazione a Roma del rapporto Svimez (associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) relativo al 2007 sullo stato dell’economia meridionale, fu Giorgio Napolitano.
Proprio allora il presidente della Repubblica tenne anche a sottolineare come le differenze tra un Nord ricco e sviluppato e un Sud in perenne affanno fossero «un caso unico in Europa».Secondo i dati di quel rapporto le regioni meridionali risentivano di un’economia strutturalmente fragile e non in grado di tenere il passo di quelle settentrionali. A due anni di distanza nulla o quasi è cambiato. Per rendersene conto basta guardare gli ultimi dati pubblicati nel 2010.
Il prodotto interno lordo per ogni singolo abitante delle regioni del Sud è di 17.317 euro, pari al 58,8% del Centro-Nord, dove si registra invece 29.449 euro ciascuno. Su base regionale la Campania, con una diminuzione del 5,4%, è la seconda regione del meridione dopo l’Abruzzo, che ha fatto segnare un maggiore abbassamento del Pil.
Non va meglio se si analizzano i singoli settori: dall’agricoltura all’industria passando per il terziario, le regioni meridionali rispetto a quelle del Nord registrano un gap costante mai del tutto colmato. Emblematiche le conclusioni del rapporto: «Nel periodo 2000-2008 il Mezzogiorno è cresciuto la metà del Centro-Nord. Dal dopoguerra non si era mai verificata una così lunga interruzione del processo di crescita tra le due aree.
La forte contrapposizione tra Nord e Sud oggi rischia di allargare il divario e ostacola la ripresa economica nazionale». Divisi in ambito economico, non va certo meglio in politica dove la presenza di ministri meridionali nelle poltrone che contano è davvero scarsa, se non inesistente. I tempi in cui nei palazzi del potere sedevano, a cavallo degli anni ’80 e ’90, i vari Ciriaco De Mita, Paolo Cirino Pomicino prima e Antonio Bassolino poi, rispettivamente presidente del Consiglio, ministro del Bilancio e del Lavoro, sono lontani. Fatta eccezione per uno sparuto nugolo di ministri senza portafoglio – Mara Carfagna alle Pari Opportunità, Gianfranco Rotondi all’Attuazione del programma di Governo ed Elio Vito ai Rapporti con il Parlamento – la Campania ed il Sud sono totalmente assenti dalla compagine governativa.
Un’Italia unita soltanto sulla cartina geografica è una percezione non solo degli italiani, ma anche dei cittadini stranieri che in Italia ci vivono soltanto per periodi medio-lunghi. Secondo un’indagine condotta da Intercultura, ben il 76,5% degli studenti stranieri che si trovano nel nostro Paese per motivi di studio dicono che l’Italia è in realtà una nazione divisa tra il Nord e il Sud. Gli elementi di differenziazione sono quelli tipici dei luoghi comuni: ritmi frenetici, freddezza nei rapporti umani e ricchezza al Nord, tranquillità e maggiore disponibilità al dialogo nelle regioni meridionali...continua
venerdì 1 aprile 2011
TUTTI IN CORSA PER NAPOLI
Nove candidati in lizza per lo scranno più alto di palazzo San Giacomo. In provincia, intanto, si sfidano vecchi e i giovani politici
di Antonio Puzzi
Il tanto auspicato bipolarismo, per Napoli, è solo un sogno. Tutto ha avuto inizio col “pasticciaccio” delle primarie e adesso sono ben nove i candidati, quattro a sinistra, tre a destra e due al centro che, salvo ripensamenti, si contenderanno, a maggio, la poltrona di primo cittadino del capoluogo campano.
«Con il suo fare, il Pd ha assunto i classici comportamenti di chi ritiene una partita già persa – ha sostenuto Fausto Corace, segretario regionale del Psi, ritenuto da più parti uno dei massimi esperti di politica napoletana – ma anche il centrodestra non può vantare con Gianni Lettieri una scelta vincente.
L’ex presidente dell’Unione Industriali ha già spaccato il suo mondo, ma l’investitura è arrivata direttamente da Gianni Letta e così a nulla sono valse le critiche sprezzanti della sua stessa parte politica». Vana è stata la lettera firmata da trentanove iscritti al partito per chiedere a Silvio Berlusconi un ripensamento. A tentare di cavalcare l’onda di tale dissenso giunge però Clemente Mastella che, nel ribadire la sua candidatura per i Popolari, ha definito “guasconi” gli atteggiamenti del Pdl: «Non credo – ha asserito – ci siano le condizioni numeriche e politiche affinché Lettieri possa vincere al primo turno». Per attirare l’attenzione su di sé, l’ex sindaco di Ceppaloni ha proposto a Fabio Cannavaro e Ciro Ferrara di fare parte della sua improbabile giunta. Non è il solo, però, in quanto anche Lettieri, che promette che i suoi consiglieri doneranno ai poveri il compenso previsto, corteggia Cannavaro come assessore.
Il Pd ha invece deciso di puntare sull’ex prefetto Mario Morcone, il quale, ha spiegato Corace, «sarebbe stato indicato da Carlo Borgomeo (presidente Fondazione Sud, ndr), al quale Pierluigi Bersani aveva chiesto invano di candidarsi». Di certo, il centrosinistra punta sulla quantità. Oltre a Morcone, appoggiato anche da Sinistra e libertà in seguito a un referendum, ci saranno infatti Luigi De Magistris, sostenuto da Idv, Federazione della Sinistra e, secondo alcuni, dal “popolo reale” dei vendoliani, Roberto Fico per il Movimento 5 Stelle e Raffaele Di Monda, che con il Pin (Progetto innovazione per Napoli) promette: «Affiderò a un netturbino la gestione del problema rifiuti».
Il neonato terzo polo punta, invece, sul rettore dell’Università degli Studi di Salerno, Raimondo Pasquino, appoggiato anche dai socialisti. «Andrea Cozzolino ora si è schierato a favore di Morcone – ha dichiarato Corace – mentre Umberto Ranieri va verso Pasquino, sebbene la sua sarà una scelta difficile: fare una cosa diversa dal partito o continuare a lavorare con esso?». Arrivano, poi, nelle ultime ore, la candidatura dell’avvocato Carlo Taormina con i liberali di Lega Italia e la promessa di un nuovo nome avanzata da Mpa...continua
di Antonio Puzzi
Il tanto auspicato bipolarismo, per Napoli, è solo un sogno. Tutto ha avuto inizio col “pasticciaccio” delle primarie e adesso sono ben nove i candidati, quattro a sinistra, tre a destra e due al centro che, salvo ripensamenti, si contenderanno, a maggio, la poltrona di primo cittadino del capoluogo campano.
«Con il suo fare, il Pd ha assunto i classici comportamenti di chi ritiene una partita già persa – ha sostenuto Fausto Corace, segretario regionale del Psi, ritenuto da più parti uno dei massimi esperti di politica napoletana – ma anche il centrodestra non può vantare con Gianni Lettieri una scelta vincente.
L’ex presidente dell’Unione Industriali ha già spaccato il suo mondo, ma l’investitura è arrivata direttamente da Gianni Letta e così a nulla sono valse le critiche sprezzanti della sua stessa parte politica». Vana è stata la lettera firmata da trentanove iscritti al partito per chiedere a Silvio Berlusconi un ripensamento. A tentare di cavalcare l’onda di tale dissenso giunge però Clemente Mastella che, nel ribadire la sua candidatura per i Popolari, ha definito “guasconi” gli atteggiamenti del Pdl: «Non credo – ha asserito – ci siano le condizioni numeriche e politiche affinché Lettieri possa vincere al primo turno». Per attirare l’attenzione su di sé, l’ex sindaco di Ceppaloni ha proposto a Fabio Cannavaro e Ciro Ferrara di fare parte della sua improbabile giunta. Non è il solo, però, in quanto anche Lettieri, che promette che i suoi consiglieri doneranno ai poveri il compenso previsto, corteggia Cannavaro come assessore.
Il Pd ha invece deciso di puntare sull’ex prefetto Mario Morcone, il quale, ha spiegato Corace, «sarebbe stato indicato da Carlo Borgomeo (presidente Fondazione Sud, ndr), al quale Pierluigi Bersani aveva chiesto invano di candidarsi». Di certo, il centrosinistra punta sulla quantità. Oltre a Morcone, appoggiato anche da Sinistra e libertà in seguito a un referendum, ci saranno infatti Luigi De Magistris, sostenuto da Idv, Federazione della Sinistra e, secondo alcuni, dal “popolo reale” dei vendoliani, Roberto Fico per il Movimento 5 Stelle e Raffaele Di Monda, che con il Pin (Progetto innovazione per Napoli) promette: «Affiderò a un netturbino la gestione del problema rifiuti».
Il neonato terzo polo punta, invece, sul rettore dell’Università degli Studi di Salerno, Raimondo Pasquino, appoggiato anche dai socialisti. «Andrea Cozzolino ora si è schierato a favore di Morcone – ha dichiarato Corace – mentre Umberto Ranieri va verso Pasquino, sebbene la sua sarà una scelta difficile: fare una cosa diversa dal partito o continuare a lavorare con esso?». Arrivano, poi, nelle ultime ore, la candidatura dell’avvocato Carlo Taormina con i liberali di Lega Italia e la promessa di un nuovo nome avanzata da Mpa...continua
FIAT, L’INDOTTO ASPETTA E SPERA
Johnson Controls, Ergom, Proma,Tower e tante altre fabbriche che ruotano attorno allo stabilimento di Pomigliano vivono la transizione difficile del settore auto
di Alessandro Dorelli
Si scrive Fabbrica Italia Pomigliano, si legge progetto Nuova Panda. Nuovo stabilimento, o meglio stabilimento messo a nuovo, e nuova produzione che mette alla porta quella tradizionale dell’Alfa Romeo, che qui a Pomigliano d’Arco ha segnato la storia, non solo industriale, di un’intera cittadina.
Dopo mesi di aspri dibattiti, che hanno visto sgretolarsi il fronte sindacale e modificare gli stessi rapporti tra industriali, partono le prime assunzioni nell’ex stabilimento Giambattista Vico. Di pari passo, però, si materializzano all’orizzonte i primi dubbi su quale sarà la ricaduta sull’indotto Fiat, ossia su quel consistente numero di piccole e medie aziende che hanno proliferato in tutta la Campania, trainate dalle produzioni targate Alfa. Aziende che impiegano migliaia di lavoratori, quasi tutti interessati dalle varie forme di ammortizzatori sociali negli ultimi quattro anni. Lo start al progetto dell’amministratore delegato Sergio Marchionne è stato dato lo scorso 7 marzo, con il passaggio di 4 capi delle Ute, 3 tecnici e un gestore operativo da Fiat Group Automobiles alla newco Fabbrica Italia Pomigliano. Neoassunti che andranno ad affiancare Sebastiano Garofalo, passato da direttore di stabilimento ad amministratore delegato della nuova società, noto per la produzione e distribuzione di un discusso dvd, che invitava gli operai dello stabilimento partenopeo ad accettare i termini dell’accordo proposto da Fiat.
Nelle loro mani la fase iniziale del progetto: il completamento dei lavori all’impianto di lastratura e alla catena di montaggio. Contemporaneamente sul fronte indotto l’effetto domino si avverte immediatamente. Fra le prime a muoversi, due colossi dell’apparato produttivo che ruota intorno il sito napoletano: Johnson Controls e Ergom. Entrambe specializzate nella componentistica auto e nella lavorazione delle materie plastiche. Johnson Controls, 169 operai in cassa integrazione da circa otto anni nello stabilimento di Rocca d’Evandro e circa 180 in quello di Cicerale (Salerno), ha annunciato da subito un investimento di circa 2 milioni di euro da completare entro giugno e una leggera modifica alla dislocazione produttiva fra i due stabilimenti. Investimenti che dovrebbero permettere il riassorbimento dei lavoratori della multinazionale a stelle e strisce entro il 2012, anno in cui la newco produrrà 240mila Nuova Panda.
Altro discorso per i dipendenti della Ergom. Circa 1000 lavoratori nelle tre sedi presenti fra Caserta e Napoli, secondo un accordo stilato con la stessa Fiat prima della crisi avrebbero dovuto essere assunti dallo stabilimento di Pomigliano. Ora almeno per 500 di loro potrebbe non esserci più posto e lo stabilimento di Marcianise dovrebbe essere accorpato a Napoli. Nella stessa situazione di incertezza versa gran parte dell’indotto Fiat.
Ai due esempi, che rappresentano solo gli estremi delle reazioni che il processo Fabbrica Italia Pomigliano potrà innescare, si affiancano molte realtà industriali che ancora navigano a vista. Due i fattori fondamentali del nuovo piano industriale torinese che creano scompiglio nell’indotto: la risposta del mercato ai volumi di produzione fissati da Marchionne e il passaggio da una produzione di alto livello ad una di livello medio/basso. Fornire interni, rifiniture o componentistica per Alfa 159, Giulietta o Mito non è lo stesso che fornire i medesimi prodotti per la Nuova Panda, ma nonostante questo i giudizi sui livelli produttivi e lavorativi non sono univoci....continua
di Alessandro Dorelli
Si scrive Fabbrica Italia Pomigliano, si legge progetto Nuova Panda. Nuovo stabilimento, o meglio stabilimento messo a nuovo, e nuova produzione che mette alla porta quella tradizionale dell’Alfa Romeo, che qui a Pomigliano d’Arco ha segnato la storia, non solo industriale, di un’intera cittadina.
Dopo mesi di aspri dibattiti, che hanno visto sgretolarsi il fronte sindacale e modificare gli stessi rapporti tra industriali, partono le prime assunzioni nell’ex stabilimento Giambattista Vico. Di pari passo, però, si materializzano all’orizzonte i primi dubbi su quale sarà la ricaduta sull’indotto Fiat, ossia su quel consistente numero di piccole e medie aziende che hanno proliferato in tutta la Campania, trainate dalle produzioni targate Alfa. Aziende che impiegano migliaia di lavoratori, quasi tutti interessati dalle varie forme di ammortizzatori sociali negli ultimi quattro anni. Lo start al progetto dell’amministratore delegato Sergio Marchionne è stato dato lo scorso 7 marzo, con il passaggio di 4 capi delle Ute, 3 tecnici e un gestore operativo da Fiat Group Automobiles alla newco Fabbrica Italia Pomigliano. Neoassunti che andranno ad affiancare Sebastiano Garofalo, passato da direttore di stabilimento ad amministratore delegato della nuova società, noto per la produzione e distribuzione di un discusso dvd, che invitava gli operai dello stabilimento partenopeo ad accettare i termini dell’accordo proposto da Fiat.
Nelle loro mani la fase iniziale del progetto: il completamento dei lavori all’impianto di lastratura e alla catena di montaggio. Contemporaneamente sul fronte indotto l’effetto domino si avverte immediatamente. Fra le prime a muoversi, due colossi dell’apparato produttivo che ruota intorno il sito napoletano: Johnson Controls e Ergom. Entrambe specializzate nella componentistica auto e nella lavorazione delle materie plastiche. Johnson Controls, 169 operai in cassa integrazione da circa otto anni nello stabilimento di Rocca d’Evandro e circa 180 in quello di Cicerale (Salerno), ha annunciato da subito un investimento di circa 2 milioni di euro da completare entro giugno e una leggera modifica alla dislocazione produttiva fra i due stabilimenti. Investimenti che dovrebbero permettere il riassorbimento dei lavoratori della multinazionale a stelle e strisce entro il 2012, anno in cui la newco produrrà 240mila Nuova Panda.
Altro discorso per i dipendenti della Ergom. Circa 1000 lavoratori nelle tre sedi presenti fra Caserta e Napoli, secondo un accordo stilato con la stessa Fiat prima della crisi avrebbero dovuto essere assunti dallo stabilimento di Pomigliano. Ora almeno per 500 di loro potrebbe non esserci più posto e lo stabilimento di Marcianise dovrebbe essere accorpato a Napoli. Nella stessa situazione di incertezza versa gran parte dell’indotto Fiat.
Ai due esempi, che rappresentano solo gli estremi delle reazioni che il processo Fabbrica Italia Pomigliano potrà innescare, si affiancano molte realtà industriali che ancora navigano a vista. Due i fattori fondamentali del nuovo piano industriale torinese che creano scompiglio nell’indotto: la risposta del mercato ai volumi di produzione fissati da Marchionne e il passaggio da una produzione di alto livello ad una di livello medio/basso. Fornire interni, rifiniture o componentistica per Alfa 159, Giulietta o Mito non è lo stesso che fornire i medesimi prodotti per la Nuova Panda, ma nonostante questo i giudizi sui livelli produttivi e lavorativi non sono univoci....continua
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