In un convegno a Caserta, il giornalista Marco Travaglio spara a zero sulla lotta alla criminalità da parte del Governo di centrodestra
di Mario Tudisco
Ma le ronde leghiste del Nord perché non le mandano a Casal di Principe a farsi le ossa? Se è proprio vero che questi sindaci sceriffi vogliono dare un contributo per rendere più sicuro il Paese allora meglio cominciare dal Sud, non trova?».
Tutto si può dire di Marco Travaglio (nella foto), tra i giornalisti più famosi d’Italia, tranne che non abbia il gusto della provocazione. E che, anzi, con un’abile miscela di pungolo e sarcasmo non riesca a mettere il dito nelle piaghe di una nazione sospesa tra scandali e veline. Senza dimenticarsi di un Mezzogiorno in ginocchio, compresa Terra di Lavoro, laddove la vera sicurezza per i cittadini non consiste solo nel doversi difendere dai gruppi sanguinari di fuoco, che sarebbero una sparuta minoranza se non disponessero di ganci con l’intera società. Lo intervistiamo a margine di un convegno tenuto nel Casertano.
La provincia di Caserta, come l’intera Campania e gran parte del Sud, è attanagliata dalla criminalità organizzata. Le chiedo: ma la questione meridionale è solo di natura criminale o si impone una chiave di lettura più squisitamente sociale e politica?
La questione criminale è uno degli aspetti deleteri del Mezzogiorno e, da quanto apprendo quasi quotidianamente, della provincia di Caserta. Ergo, le risposte che lo Stato dovrebbe dare, ma che non riesce o non vuole dare, sarebbero di ben altra natura. A cominciare dal lavoro. Quel lavoro vero, dignitoso e adeguatamente retribuito la cui assenza determina fenomeni delinquenziali di ogni tipo. E poi c’è tutto il capitolo a parte della politica che condenserei nel grido di dolore di Clemente Mastella, per inciso anche lui campano, che si lamenta di percepire solo 6.000 euro mensili nella sua qualità di eurodeputato. E queste sue paradossali affermazioni vengono recepite nel silenzio assordante dei partiti e della società civile. Certo è che la Campania è davvero un caso più unico che raro: mentre il ras di Ceppaloni viene eletto tra le fila del centrodestra, la moglie continua, imperterrita, a essere il presidente del consiglio regionale di centrosinistra, nell’acquiescenza di Antonio Bassolino e soci. Parliamo della stessa signora Sandra Lonardo che, nelle intercettazioni incriminate, continuava a chiedere se ci fosse un ginecologo dell’Udeur. In un primo momento pensai che dovesse partorire, solo dopo ho compreso a che poteva servire un ginecologo udeurrino…
Ciò non toglie che la questione meridionale, e più in generale della sicurezza, non debba fare i conti con la malavita organizzata…
Sicuramente. Però, prima di fare i conti con la camorra e con i corleonesi, lo Stato dovrebbe iniziare a fare i conti con se stesso se davvero volesse aiutare il Sud a riscattarsi. E i conti sono salatissimi. Ogni anno, infatti, si parte da handicap insormontabili. Pensi che il solo giro delle estorsioni, su scala nazionale, è valutabile in circa 60 miliardi di euro. Altri 80 deve sborsarli chi governa come interessi sui debiti statali pregressi; mentre l’evasione fiscale del sistema Italia è di circa 300 miliardi ogni 365 giorni. E con queste cifre pazzesche sul groppone come si fa a individuare risorse per i segmenti più arretrati del Paese? Non so cosa darei affinché anche la nostra nazione, il primo gennaio, al momento di stilare un programma di solidarietà civile, potesse partire da quota zero come avviene in tante altre realtà. E, invece, si parte da 440 miliardi di euro in meno.
Lei è sceso a Caserta per parlare di sicurezza. Nel Nord Italia, a quanto pare, l’incolumità delle persone è affidata alle ronde. Che ne pensa?
Che è una delle barzellette più simpatiche che siano state mai inventate. Ho visto con i miei occhi le famose ronde in azione nel Veneto, con intere pattuglie della Digos alle loro spalle, che le proteggevano da possibili malfattori. Una cosa risibile dunque. A comporre questi nuclei di volenterosi cittadini ho visto uomini pure di una certa età con pance in bella vista e con prostate sul punto di scoppiare. E per fortuna che, almeno finora, queste ronde non si sono imbattute in nessun criminale degno di nota, altrimenti poveri loro. Mi permette una provocazione?
Prego... continua
lunedì 7 settembre 2009
COLPEVOLI DI CLANDESTINITÀ
La norma, che colpisce gli immigrati irregolari, viola i principi di umanità e rischia di generare il caos in Terra di Lavoro, dove gli extracomunitari
reggono economie e relazioni sociali. L’ex vescovo di Caserta Raffaele
Nogaro: «Negati diritti fondamentali, come quello di riconoscere un figlio»
di Raffaele de Chiara
Oltre 2.500 immigrati irregolari nel solo periodo che va da gennaio a marzo 2009, cui fanno da contraltare gli oltre 11.000 soggiornanti senza documenti. Sono queste le cifre esorbitanti riguardanti l’immigrazione clandestina in Italia diramate dall’agenzia europea Frontex e che, se singolarmente considerate, non possono che produrre rabbia e odio verso tutto ciò che appare come "il diverso". La legge sulla Sicurezza (AS n. 733), meglio conosciuta come "pacchetto sicurezza", approvata definitivamente al Senato nello scorso mese di luglio, sembra andare proprio in questa direzione. Diversi e controversi i provvedimenti introdotti dal testo legislativo, tra i maggiori riguardanti gli immigrati, le ammende da 5.000 a 10.000 euro per chiunque faccia ingresso o soggiorni illegalmente nel territorio dello Stato, il prolungamento della detenzione massima nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione, ex Cpt) portata da 60 a 180 giorni e l’introduzione di una tassa per la richiesta del permesso di soggiorno.
«Le norme contenute nel "pacchetto sicurezza" hanno un impatto pericoloso sui diritti umani e producono maggiore insicurezza». A dichiararlo è Amnesty International, alla presentazione del rapporto annuale 2009 sulla situazione dei diritti umani nel mondo, che poi tiene a sottolineare: «La negazione del permesso di soggiorno non produce altro che l’allontanamento dell’immigrato da ogni tipo di istituzione e di ufficio pubblico. Ciò quindi – conclude la nota dell’associazione – non potrà che avere conseguenze anche sul diritto alla salute, sull’istruzione per i figli, sulla registrazione dei nuovi nati».
Diverso, d’altronde, il parere del ministro Roberto Maroni. «Il provvedimento conclude un lavoro iniziato un anno fa e che ha visto l’approvazione di diverse norme per il contrasto alla criminalità organizzata, all’immigrazione clandestina e per il miglioramento della sicurezza urbana». Decisamente più tranchant l’opinione del premier Silvio Berlusconi: «Il pacchetto sicurezza è solo una garanzia per i cittadini, non c’è alcuna critica che tenga al riguardo».
Ma qual è l’impatto del provvedimento su un territorio da sempre abituato a convivere con l’immigrazione clandestina, qual è appunto Terra di Lavoro? «La legge che introduce il reato di clandestinità è assurda – afferma il consigliere regionale del Pd, Giuseppe Stellato – non può esistere un reato per una posizione squisitamente soggettiva. Se il clandestino delinque, mi sembra giusto intervenire, ma laddove lavora e lo fa duramente, con gli aggravi, inoltre, del vivere in una società nella quale non è del tutto integrato, allora non mi sembra plausibile parlare di punizione. Non può essere punito»... continua
reggono economie e relazioni sociali. L’ex vescovo di Caserta Raffaele
Nogaro: «Negati diritti fondamentali, come quello di riconoscere un figlio»
di Raffaele de Chiara
Oltre 2.500 immigrati irregolari nel solo periodo che va da gennaio a marzo 2009, cui fanno da contraltare gli oltre 11.000 soggiornanti senza documenti. Sono queste le cifre esorbitanti riguardanti l’immigrazione clandestina in Italia diramate dall’agenzia europea Frontex e che, se singolarmente considerate, non possono che produrre rabbia e odio verso tutto ciò che appare come "il diverso". La legge sulla Sicurezza (AS n. 733), meglio conosciuta come "pacchetto sicurezza", approvata definitivamente al Senato nello scorso mese di luglio, sembra andare proprio in questa direzione. Diversi e controversi i provvedimenti introdotti dal testo legislativo, tra i maggiori riguardanti gli immigrati, le ammende da 5.000 a 10.000 euro per chiunque faccia ingresso o soggiorni illegalmente nel territorio dello Stato, il prolungamento della detenzione massima nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione, ex Cpt) portata da 60 a 180 giorni e l’introduzione di una tassa per la richiesta del permesso di soggiorno.
«Le norme contenute nel "pacchetto sicurezza" hanno un impatto pericoloso sui diritti umani e producono maggiore insicurezza». A dichiararlo è Amnesty International, alla presentazione del rapporto annuale 2009 sulla situazione dei diritti umani nel mondo, che poi tiene a sottolineare: «La negazione del permesso di soggiorno non produce altro che l’allontanamento dell’immigrato da ogni tipo di istituzione e di ufficio pubblico. Ciò quindi – conclude la nota dell’associazione – non potrà che avere conseguenze anche sul diritto alla salute, sull’istruzione per i figli, sulla registrazione dei nuovi nati».
Diverso, d’altronde, il parere del ministro Roberto Maroni. «Il provvedimento conclude un lavoro iniziato un anno fa e che ha visto l’approvazione di diverse norme per il contrasto alla criminalità organizzata, all’immigrazione clandestina e per il miglioramento della sicurezza urbana». Decisamente più tranchant l’opinione del premier Silvio Berlusconi: «Il pacchetto sicurezza è solo una garanzia per i cittadini, non c’è alcuna critica che tenga al riguardo».
Ma qual è l’impatto del provvedimento su un territorio da sempre abituato a convivere con l’immigrazione clandestina, qual è appunto Terra di Lavoro? «La legge che introduce il reato di clandestinità è assurda – afferma il consigliere regionale del Pd, Giuseppe Stellato – non può esistere un reato per una posizione squisitamente soggettiva. Se il clandestino delinque, mi sembra giusto intervenire, ma laddove lavora e lo fa duramente, con gli aggravi, inoltre, del vivere in una società nella quale non è del tutto integrato, allora non mi sembra plausibile parlare di punizione. Non può essere punito»... continua
QUEI TRENI ROTTAMATI E RIVENDUTI. DA CASERTA…
La strage ferroviaria di Viareggio conduce, per diverse strade, a inchieste delle Procure di Santa Maria e Napoli. Ecco le domande degli inquirenti
di Marilù Musto
Da Viareggio a Sessa Aurunca. Non è un viaggio della speranza, né un pellegrinaggio. È un’inchiesta aperta nel 2006 e che, dopo la strage del treno merci di Viareggio, è stata recuperata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere prima, e da quella di Napoli poi.
Il peso di quest’inchiesta è quello di ventotto morti e di un carico di Gpl esploso per un guasto dell’asse del treno che ha devastato Viareggio (nella foto) e i suoi abitanti. Una strage nemmeno tanto lontana dalle dinamiche di Terra di Lavoro. Innanzitutto perché il treno merci 50325, partito da Trecate, in provincia di Novara, era diretto a Gricignano di Aversa. E poi, perché in provincia di Caserta era nata la prima inchiesta legata ai treni rottamati. Tutto era partito nel maggio del 2006, proprio da Sessa Aurunca, quando erano stati ritrovati due carri delle Ferrovie dello Stato su un binario morto nelle campagne. Avevano la matricola del telaio abrasa, a mo’ di auto rubata. Dai registri dell’azienda risultavano rottamati. Durante l’inchiesta era stato ascoltato come testimone anche l’amministratore delegato di Fs Mauro Moretti, il quale, dopo la strage di Viareggio è stato il primo a riferire: «Il cedimento è avvenuto nel primo vagone dietro la locomotiva». Le indagini avviate a Viareggio, infatti, dopo l’esplosione si erano concentrate su una "sala montata" (il complesso composto dall’asse e dalle ruote) del carro. L’asse era risultato tranciato nella parte che sporge dalla ruota – detta "fusello" – poco prima della "boccola", che consente all’asse stesso e alle ruote di girare. La sezione di rottura aveva evidenziato una fenditura estesa, che aveva portato la sezione esistente a ridursi notevolmente fino al totale cedimento. Ma c’era, forse, una lesione preesistente. Il pezzo che collegava le due assi era già stato usato e rottamato? Quando la Guardia di Finanza nel 2006 aveva avviato l’inchiesta sui due carri trovati a Sessa Aurunca, Trenitalia aveva fatto partire un’indagine interna attraverso un audit – una valutazione tecnica manuale – in cui vennero ascoltati decine di tecnici. Più tardi venne accertato che intorno al ciclo spesso fittizio della rottamazione e della manutenzione, era cresciuto un mercato nero parallelo della componentistica, che utilizzava materiale rotabile di fatto non più in grado di circolare, ma che veniva reinserito nel circuito con regolare certificato. Dopo il ritrovamento dei due carri a Sessa Aurunca, Trenitalia aveva scoperto che ne mancavano all’appello almeno duemila. E pochi mesi dopo vennero ritrovati una decina di altri carrozzoni utilizzati per trasportare merci che risultavano regolarmente rottamati e, al contrario, erano in carico a società private che incrociavano nella zona di Bologna e Livorno. Si scoprì, dunque, che centinaia di "sale montate" rottamate venivano rivendute alle stesse Ferrovie. Altre venivano inserite nel commercio e vendute a società private proprietarie dei loro carri. Tutte, probabilmente, finivano sui treni che viaggiano sui binari italiani, da Nord a Sud. Non solo. L’audit di Trenitalia aveva accertato anche dell’altro. E nel calderone delle indagini era finita di nuovo la provincia di Caserta... continua
di Marilù Musto
Da Viareggio a Sessa Aurunca. Non è un viaggio della speranza, né un pellegrinaggio. È un’inchiesta aperta nel 2006 e che, dopo la strage del treno merci di Viareggio, è stata recuperata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere prima, e da quella di Napoli poi.
Il peso di quest’inchiesta è quello di ventotto morti e di un carico di Gpl esploso per un guasto dell’asse del treno che ha devastato Viareggio (nella foto) e i suoi abitanti. Una strage nemmeno tanto lontana dalle dinamiche di Terra di Lavoro. Innanzitutto perché il treno merci 50325, partito da Trecate, in provincia di Novara, era diretto a Gricignano di Aversa. E poi, perché in provincia di Caserta era nata la prima inchiesta legata ai treni rottamati. Tutto era partito nel maggio del 2006, proprio da Sessa Aurunca, quando erano stati ritrovati due carri delle Ferrovie dello Stato su un binario morto nelle campagne. Avevano la matricola del telaio abrasa, a mo’ di auto rubata. Dai registri dell’azienda risultavano rottamati. Durante l’inchiesta era stato ascoltato come testimone anche l’amministratore delegato di Fs Mauro Moretti, il quale, dopo la strage di Viareggio è stato il primo a riferire: «Il cedimento è avvenuto nel primo vagone dietro la locomotiva». Le indagini avviate a Viareggio, infatti, dopo l’esplosione si erano concentrate su una "sala montata" (il complesso composto dall’asse e dalle ruote) del carro. L’asse era risultato tranciato nella parte che sporge dalla ruota – detta "fusello" – poco prima della "boccola", che consente all’asse stesso e alle ruote di girare. La sezione di rottura aveva evidenziato una fenditura estesa, che aveva portato la sezione esistente a ridursi notevolmente fino al totale cedimento. Ma c’era, forse, una lesione preesistente. Il pezzo che collegava le due assi era già stato usato e rottamato? Quando la Guardia di Finanza nel 2006 aveva avviato l’inchiesta sui due carri trovati a Sessa Aurunca, Trenitalia aveva fatto partire un’indagine interna attraverso un audit – una valutazione tecnica manuale – in cui vennero ascoltati decine di tecnici. Più tardi venne accertato che intorno al ciclo spesso fittizio della rottamazione e della manutenzione, era cresciuto un mercato nero parallelo della componentistica, che utilizzava materiale rotabile di fatto non più in grado di circolare, ma che veniva reinserito nel circuito con regolare certificato. Dopo il ritrovamento dei due carri a Sessa Aurunca, Trenitalia aveva scoperto che ne mancavano all’appello almeno duemila. E pochi mesi dopo vennero ritrovati una decina di altri carrozzoni utilizzati per trasportare merci che risultavano regolarmente rottamati e, al contrario, erano in carico a società private che incrociavano nella zona di Bologna e Livorno. Si scoprì, dunque, che centinaia di "sale montate" rottamate venivano rivendute alle stesse Ferrovie. Altre venivano inserite nel commercio e vendute a società private proprietarie dei loro carri. Tutte, probabilmente, finivano sui treni che viaggiano sui binari italiani, da Nord a Sud. Non solo. L’audit di Trenitalia aveva accertato anche dell’altro. E nel calderone delle indagini era finita di nuovo la provincia di Caserta... continua
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