giovedì 3 febbraio 2011

MEGLIO CHE RESTINO SEPOLTI…

Siti archeologici preziosissimi e in gran quantità si concentrano nel territorio di Caserta e Napoli. Ma per lo Stato sono un fastidio, una rogna da gestire. E così i tombaroli ne approfittano

di Brunella Nobile
e Luisa Smeragliuolo Perrotta



Il territorio campano che si snoda lungo l’antica via consolare Appia è un territorio ricco dal punto di vista archeologico di reperti di inestimabile valore. Nessuna meraviglia, quindi, che questa notizia abbia valicato i confini della specializzazione accademica per giungere fino alle orecchie di tombaroli organizzati, che con un’attività redditizia come la profanazione delle tombe e dei siti archeologici dell’Alto casertano hanno messo in piedi un giro di ricettazione conclusosi con l’arresto per molti di loro nell’ambito dell’operazione Ro.Vi.Na., che nel mese di gennaio scorso ha portato al sequestro di 633 reperti archeologici destinati al mercato clandestino.
Con spilloni e metal detector, sono anni che i tombaroli sondano il terreno e rubano senza nascondersi più di tanto: alcuni, più amanti dell’arte di altri, espongono nelle proprie case ciò che trovano.
Anni di deprivazione hanno reso i siti, ufficiali e non, un po’ più poveri e un po’ meno interessanti, eppure le tracce del passato riaffiorano, resistono all’incuria e ai malintenzionati. Da Alife a Capua, da Santa Maria Capua Vetere ad Aversa, da Maddaloni a Calvi Risorta, fino a Succivo e oltre i siti archeologici ufficiali – nove in tutto in Terra di Lavoro (Alife, Calvi Risorta, Maddaloni, Roccamonfina, Santa Maria Capua Vetere, Teano, Agro atellano, Sessa Aurunca, Mondragone, cui si aggiunge la preziosa Liternum nel territorio giuglianese), seppure fuori dalle rotte turistiche più in auge, come Pompei, sono curati, tenuti in vita e visitati dal pubblico anche grazie ai musei disseminati sul territorio. Il problema è tutto il resto della provincia: come Carinola e Cellole, i cui resti romani sono in condizioni di degrado, come Calvi, l’antica Cales, che avrebbe bisogno di nuovi scavi e sorveglianza per quello che c’è, liberamente visitabile e più esposto all’attività di indefessi tombaroli, così come Francolise, la cui necropoli, in zona Montanaro, è una distesa di buche e di tombe violate.
I resti sono romani, sanniti, talvolta etruschi e in alcuni casi risalgono anche ad epoche più remote, paleolitico e neolitico: come a Tora e Piccilli, dove sono visitabili le “Ciampate del Diavolo”, ovvero le impronte di uomini primitivi risalenti a 56 milioni di anni fa, o a Liberi, l’antica Trebula, dove sono stati trovati pesci fossili risalenti a 110 milioni di anni fa. I lavori per la realizzazione della linea ferroviaria dell’alta velocità hanno portato alla luce, solo lungo la tratta Roma-Napoli, ben 149 siti archeologici: in media un sito ogni 500 metri lungo i primi 200 km della tratta. Nel Casertano, oltre ai già citati siti archeologici di Teano e Capua, dove sono stati rinvenuti una struttura termale di età imperiale e una villa rustica, le altre campagne di scavo hanno consentito l’individuazione di un sito con differenti fasi di vita dall’età repubblicana, nei pressi del Comune di Sparanise (Briccelle), e una villa rustica di età romana a Vitulazio.
Testimonianze di vita pre e protostorica fino all’età romana sono state rintracciate anche nei Comuni a nord di Napoli...continua

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